Roberto Bacci, anima della fondazione Pontedera Teatro

RobertoBacciIn occasione del 40° anniversario di Pontedera Teatro abbiamo intervistato Roberto Bacci, colui che è l’anima della Fondazione e da cui è partito tutto il progetto teatrale che ha investito Pontedera in questi lunghissimi anni.

Quest’anno Pontedera Teatro ha compiuto 40 anni, qual è stato il suo inizio con il teatro? Ci faccia un breve excursus della storia della Fondazione.

La cosa che più mi stupisce se rivedo la nostra storia è che tutto parte da un gruppo di dilettanti, nel senso più stanislavskijano del termine, che in una piccola città di provincia come Pontedera si ostinavano a fare teatro alla “Living Theatre” in quei tempi. Stiamo parlando del 1971, io ero tornato da poco dalla Danimarca dove avevo sostenuto una tesi e ricevetti una telefonata da questo gruppo di dilettanti che mi invitarono a fare il regista con loro. Da lì è cominciato il mio apprendistato pratico. Creai poi il Centro per la Sperimentazione alla ricerca teatrale con cui nutrirci di esperienze, che venivano dall’esterno, di pedagogia, immagini di gruppi, di maestri e così è nata tutta la storia di Pontedera e da cui sono passati tutti i gruppi più importanti del panorama teatrale del ‘900 e del 2000. E’ stata un’esperienza che ha attraversato la mia vita e quella dei miei compagni di viaggio trasformandoci e trasformando anche un po’ l’ambiente teatrale. Oggi abbiamo un grande teatro moderno di tipo europeo e siamo arrivati ad un punto dove cerchiamo le nuove strade per andare avanti, nuove strade fatte di spettacoli come quelli che abbiamo presentato a Roma. Ci sono poi i nostri progetti editoriali con la casa Hascher (tratteremo delle opere di Grotowski) che è un impegno molto importante dal punto di vista culturale. Un progetto innovativo teatrale di mia ideazione è “Sognare a teatro”, un prototipo di esperienza teatrale dove si è proposto agli spettatori di dormire a teatro per un’intera notte, ripetuto anche con i bambini. Ho anche spettacoli in scena in Brasile, dove abbiamo debuttato con le novelle nere di Pirandello, e in Romania, dove con un gruppo di 35 attori abbiamo messo in scena da poco “Giardino dei ciliegi” di Checov. Abbiamo anche attività che riguardano la formazione per attori e registi, abbiamo una ricchissima attività produttiva con le giovani compagnie e collaborazioni con drammaturghi come Michele Santeramo (con cui è nato il progetto “Alla luce”); infine abbiamo in progetto due nuove produzioni teatrali per il prossimo anno, una con César Brie e l’altra con Thomas Jelinek.

Qui a Roma presenta due progetti teatrali di forte attualità, “TU! OGNUNO è BENVENUTO” e “EROS E PRIAPO”. Può delinearci gli elementi di forza di questi spettacoli?

“TU!” è uno spettacolo, scritto a quattro mani con Stefano Geraci, che mi stupisce ogni qual volta va in scena perché tocca un problema intenso, ossia la venuta al mondo di ciascun essere umano per compiere un dovere, per essere assunto a un qualcosa. C’è una dimensione anche metafisica del lavoro, dove tutti lottiamo per essere assunti a fare qualcosa. Fa parte della nostra natura e non c’è nulla di male, ma l’assurdità e l’orrore è quello che un individuo è disposto a fare per essere assunto. Voglio mettere in risalto proprio questo aspetto! Il testo si ispira in parte ad un capitolo del romanzo incompiuto di Kafka, “America”, e come tutto quello che è kafkiano non si sa se ciò che stiamo vivendo è la realtà o l’immaginazione.
“Eros e Priapo”, invece, è nato come un regalo che mi è stato fatto da Massimo Verdastro che mi ha chiesto di fare la regia del suo adattamento. Mi sono trovato di fronte a questo testo meraviglioso, dal taglio bellissimo che ha effettuato Scarlini, con un attore che, malgrado le montagne da scalare (la lingua di Gadda è una vera montagna russa per i termini e per le sonorità), riesce a mettere in scena con una energia, semplicità e con un ritmo che è davvero incantevole ascoltarlo. Mi sono inventato una messinscena molto semplice, di un insegnante al confino che prepara la classe di alunni con una lezione su chi l’ha inviato al confino. E’ un testo veramente antifascista, non nel senso più tradizionale del termine, è una poesia e diventa anche una specie di ode alla lingua italiana. E’ la messinscena di un testo classico, che è moderno sempre, che porta all’attenzione del pubblico qualcosa di immortale!

Quando ritornerà sulla scena romana?
Sinceramente io a Roma, Milano, Firenze meno ci vado più son contento, perché sto tanto bene a casa mia!

Alessia Coppola

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