La formula può sembrare semplice, quasi banale: prendiamo un romanzo breve, meglio un’opera prima, magari di argomento sensibile (che so? Il disagio giovanile); trasformiamolo in monologo; affidiamolo ad un attore o a un’attrice, ed ecco bello e fatto uno spettacolo prête a porter, agile, esportabile anche in questi tempi di crisi.
Ma se il libro l’ha scritto Renata Ciaravino, una delle più intelligenti, acute drammaturghe della sua generazione; se l’attrice ha la duttilità, l’intensità di Arianna Scommegna, se alla regia ha contribuito Serena Sinigaglia, da questa ricetta può uscire un oggetto magico.
Tre donne di teatro, tre artiste della stessa età, uscite da una medesima, grande annata della “Paolo Grassi”; diverse – anche fisicamente – ma con un denominatore comune che collega le loro poetiche; i cui autonomi percorsi tornano spesso ad incrociarsi, secondo ricorrenti, felici congiunture, come in questo caso.
Potevo essere io è uno degli spettacoli più coinvolgenti, poetici, raffinati che mi sia capitato di vedere da un bel po’ di tempo a questa parte. Sembrerebbe un ossimoro, eppure è ad un tempo straziante e divertente. Renata ha scritto il libro sette anni fa. L’avevo letto allora, e mi aveva colpito il trasparente riferimento ai suoi ricordi d’infanzia, rielaborati e trasfigurati nella finzione narrativa; quel suo linguaggio tenero e beffardo che permea la sua scrittura. Arianna se ne riveste con la medesima naturalezza con la quale indossa il vestitino leggero di scena, lo declina in cento espressioni diverse. Ora le giustappone con scarti improvvisi, che moltiplicano sulla scena i protagonisti della storia; ora le sfuma con dissolvenze incrociate, senza apparente soluzione di continuità, restituendoci il variare dei moti dell’anima di un stesso personaggio. A volte argento vivo, a volte accidia fatta persona, l’attrice gioca su un ventaglio espressivo di sorprendente precisione comunicativa, con tutto il corpo: una modulazione della voce, un battito di ciglia, un repentino volgere dello sguardo, un gioco cinetico delle gambe scattanti, un abbandono da marionetta disossata; mai una stonatura, un gesto, un movimento banale o eccessivo.
Proiettati su una sbilenca staccionata di legno che funge da fondale, fanno da contrappunto alla storia i video di Elvio Longato: luminosi ma algidi paesaggi della periferia milanese, che sembrano ispirati dalla pittura iperrealista americana, dalla cui luce, nei momenti di pausa narrativa, Arianna si lascia avvolgere come dai raggi di un sole invernale.
Anche le scelte musicali (sempre di Longato) forniscono un efficace sostegno alla drammaturgia: motivi ever green registrati, come Cuore matto o, dal vivo, Nu latitante, dove la stessa Scommegna strappa l’applauso, trascinando il pubblico con un insospettato talento musicale (buon sangue non mente: suo padre è il cantante Nicola Di Bari).
Da questa felice sovrapposizione di talenti e di linguaggi prende forma, come per inviluppo, lo sconcertante ritratto della generazione che si è affacciata alla giovinezza all’inizio dell’ultimo ventennio e che, con lo sfaldarsi delle fedi e delle ideologie, non è riuscita a trovare un’identità.
Lo spettacolo ha sortito buoni riconoscimenti critica (ha vinto il bando Nextwork 2013, ed è inserito nel palinsesto Primavera di Milano), ma non ha ancora avuto la visibilità che merita. Il 15 maggio inaugurerà il teatro del carcere di Opera: chi non l’ha visto, non se lo lasci scappare.
Claudio Facchinelli
Milano, Teatro della Cooperativa, venerdì 11 aprile 2014
Potevo essere io di Renata Ciaravino con Arianna Scommegna
Video e scelte musicali di Elvio Longato
Supervisione registica di Serena Sinigaglia
Produzione Compagnia teatrale Dionisi / Kilowatt Festival / Teatro dell’Orologio, con il sostegno di Aia Taumastica – Torre dell’Acquedotto e ATIR Teatro Ringhiera