La voglia e la paura di vivere: l’eterno conflitto della natura umana. L’amore, emozione inaspettata e violenta, la spoglia e sorprende più di tutto davanti al solito bivio. Il drammaturgo e coreografo Aurelio Gatti ha messo in scena questo e non solo con il balletto Daphne. Nel complesso monumentale di San Domenico Maggiore il mito tratto da “Le Metamorfosi” di Ovidio è stato, infatti, raccontato attraverso il linguaggio della danza con i corpi dei professionisti Carlotta Bruni, Rosa Merlino e Luca Piomponi.
Quella di Daphne, interpretata nella suggestiva Sala del Capitolo da due ballerine che rappresentano la dualità dell’animo femminile , seducente mix di forza e fragilità, non è l’unica contraddizione su cui viene accesa una luce. Apollo, Dio dell’ordine e del raziocinio, non solo intraprende la strada sterrata della passione ma, con ostinazione cieca, combatte contro un destino che già conosce e da cui, se volesse, potrebbe mettersi in guardia.
La Daphne di Aurelio Gatti volteggia irrequieta tra la conoscenza di una passione che genera tormento e asfissia e il desiderio disperato di ripiegarsi su stessa con il tentativo di scomparire e privarsi della forma e della bellezza avute in dono dalla nascita. I tre protagonisti in scena non si risparmiano nella lotta e nella ricerca di una soluzione e i loro stati d’animo sembrano correre più veloci dello scandire del tempo. Le loro angosce s’inseguono quasi più dei loro corpi e alla fine sarà solo un bacio prima della metamorfosi di Daphne in albero come da lei chiesto con una preghiera.
La Compagnia di produzione coreografica e drammaturgica MDA Produzioni Danza, da cui nasce anche Mimo Danza Alternativa, ha rivelato chiaramente, anche in quest’occasione, la sua natura poliedrica ispirata dalla contaminazione tra le diverse discipline dello spettacolo e dell’arte visiva. Un modo raffinato di comunicare l’arte e di veicolare la danza attraverso un abbraccio grande che avvolge i numerosi modi del sentire.
Gabriella Diliberto