É blu la notte dei fari color cobalto, il fumo avvolge la scena, il delirio del sogno, o forse no, trova in un padre e nell’abbraccio con la sua bambina l’inizio del racconto.
Il dramma si consuma sotto gli occhi dello spettatore, i personaggi si susseguono e si accavallano, si intersecano storie e tormenti. E’ un continuo sovrapporsi di piani emotivi, ogni personaggio sembra chiaro, chiara la sua storia, il suo passato, semplici i legami che con gli altri intesse, ma nulla é ciò che sembra, eppur costante é il desiderio di voler credere che non sia un sogno.
“Doppio sogno” è un trionfo di sentimenti e complesse relazioni: la gelosia muove un’austera madre (Ivana Monti), ossessionata dal figlio Fridolin (Ruben Rigillo), dal bene immenso, dal un continuo desiderio di protezione. Geloso il figlio, marito fedele che si scopre tradito, o forse no. Geloso il marito, padre protettivo, medico responsabile e devoto.
E mentre il dramma di ognuno si mostra, il pubblico viene tenuto nella realtà da brechtiani interventi d’un medico. Tentativo di non travolgere, di aver di fronte qualcuno che sappia osservare e valutare, ma troppo sentimento é già in scena, l’escamotage perfetto, non raggiunge lo scopo, ma pare proprio questo l’intento del visionario Marinelli.
Trasportati in un mondo infernale, dove l’ombra dello stupro e della follia aleggia sui personaggi, donne ingannate, bambine private dell’infanzia, morte, ossessione, amore, incondizionato amore che non vede e non vive. Tutto é un ricordo che cerca la sua dimensione reale piuttosto che onirica.
E così ci si muove da una casa all’altra, nel tentativo di tirar le fila di una storia che assume sempre più i toni della tragedia. Eppur inneggia il colore: preziose le sete, buffi sgargianti pupazzi, gialla una valigia, fiorate camicie e sconcia lingerie.
Orge e morte, infanzie negate e pazzie, ossessione e delirio…cosa può salvarci?Il perdono.
E dove la volontà dell’Essere non arriva solo l’Amore riesce a sconfinare.
Si scioglie come cera quest’uomo che tutto aveva tentato, vagato fino ad impazzire, ma nulla aveva potuto per la salvezza della sua anima ossessionata dalla colpa. E poi finalmente si abbandona. Si lascia andare per vivere, vivere per chi nonostante tutto non ha potuto.
Ha una forza dirompente lo spettacolo, a tratti geniale tanto da lasciar sospesi nel desiderio di entrare e allo stesso tempo rimanere estranei. Gli umani non sanno sopportare tanto umano dolore, é forse questa la necessità di mascherarsi, l’unico modo per osare e vivere, e Marinelli ci porta nel delirio di Schnitzler e con maestria ci accompagna lungo il tragitto verso la redenzione, verso il perdono.
Potente la recitazione di Ivana Monti che si conferma granitica presenza. Caterina Maurino ci regala la sua miglior interpretazione dove la follia e il dolore assumono i connotati di una freudiana isteria.
Rosario Coppolino entusiasma e coinvolge, alleggerendo con la sua freschezza ilarità.
Insieme ai protagonisti, gli attori tutti costituiscono un insieme pulito, caratteristico, ognuno con le proprie peculiarità dona spessore alla messa in scena
Le scene dominate dal bianco come tela su cui il disegno luci spazia e si muove in una apparente libertà.
Ma chi può dirsi veramente libero in un sogno…se di sogno si tratta.
Roma, teatro Quirino, 10 Aprile 2015
Elena Grimaldi
CATERINA MURINO
RUBEN RIGILLO
ROSARIO COPPOLINO