Cuore nero Samurai

Francesco Acquaroli, samurai dal cuore nero, è un bravissimo attore dal curriculum corposo, capace di destreggiarsi abilmente in ruoli da villain. Un artista dell’espressione, che ama gli animali e che sogna di fare Gian Burrasca.

Buonasera Francesco, quanto è difficile oggi essere un attore?
Fare l’attore è un mestiere molto difficile, molto provante. Hai davanti a te delle prove molto difficili. Ad esempio una è quella di convincere gli altri che tu sei un attore.

Hai lavorato con Gigi Proietti nella fiction l’avvocato Porta. Che ricordi hai del maestro?
Gigi era un grandissimo professionista con il dono della leggerezza. Era un artista totale, durante le pause alleggeriva la tensione raccontando aneddoti e curiosità. La prima volta che lo vidi fu al teatro Tenda a Piazza Mancini durante lo spettacolo A me gli occhi, please. Mio nonno era un estimatore di Petrolini e Gigi ebbe il grande merito di far conoscere alle generazioni successive il teatro di questo grandissimo artista romano. Proietti aveva trovato la sua dimensione a teatro e in televisione. Probabilmente chi faceva cinema credeva che funzionasse meno in pellicola, stessa cosa accaduta a Eduardo De Filippo. Misteri che resteranno insoluti!

Come mai Suburra ha avuto un tale successo di pubblico e di critica?
Suburra, così come Romanzo Criminale e Gomorra, hanno attinto a piene mani dalla realtà descritta dalla cronaca e l’hanno esorcizzata. Qui esce e si rivela la funzione catartica della finzione cinematografica. Suburra ha funzionato perché è un prodotto televisivo di altissima qualità.

Samurai eroe negativo, sobrio e nefasto, ha dimostrato possedere un’anima. È stato difficile prepararsi per questo ruolo?
Dare vita ad un personaggio cattivo non è stato più difficile rispetto a un personaggio buono. Il lavoro difficile è stato entrare dentro la sceneggiatura e creare un personaggio vero. Non mi interessava proporre un’imitazione. Samurai muove le fila di una Roma che ha sempre avuto la nomea di essere una città molto forte, un eterno centro del potere. Per me l’aspetto più arduo è stato trovare il giusto distacco, ma non risultare una maschera inespressiva.

Con quale regista straniero ti piacerebbe lavorare?
Ce ne sono tantissimi. Tarantino, Scorzese, i fratelli Coen. Potremmo stare delle ore a parlarne…

Com’è stato vivere il set di Fargo? Che differenze ci sono con il modo di fare cinema italiano?
È stato un set meraviglioso, con un’organizzazione capillare gestita fin nei minimi dettagli! Ti dico solo che avevamo l’operatore di Spielberg, per farti capire il livello! Il lavoro è lo stesso, ma lì sanno usare e sfruttare al meglio fino all’ultimo dollaro che hanno a disposizione, in un set che è il quintuplo rispetto ad un set medio italiano.

Come credi rinascerà il cinema e il teatro dopo questo periodo?
Può sembrare una risposta semplicistica, ma la soluzione è quella di rimettere in ordine le cose, ricollocare ognuna al proprio posto. Bisognerebbe fare come fece il cinema neorealista dopo il fascismo: ricostruire dalle macerie. Si dovrebbe ridare il teatro in mano agli artisti, agli attori, e non lasciarlo agli amministratori, che hanno desertificato i palcoscenici e il teatro di prosa. Una politica di serie b ha reso tutto mediocre. Per quanto riguarda il cinema, credo possa esserci una rinascita. La presenza dei festival e il continuo confronto con le piattaforme digitali come Netflix hanno alzato l’asticella qualitativa. Si tornerà in sala proprio per la funzione di rito collettivo che il cinema riveste ed ha sempre rivestito.

Cosa chiede al 2021?
Di sicuro la fine di questa pandemia. Poi vorrei una maggiore attenzione su Il giorno e la notte, pellicola di Daniele Vicari, scritta insieme ad Andrea Cedrola. In questo film, girato durante la quarantena, tutti recitano dalla propria casa che diventa un set (oltre a me e mia moglie Barbara Esposito, ci sono Dario Aita, Elena Gigliotti, Isabella Ragonese, Matteo Martari, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Giordano De Plano) e tre coppie su quattro lo sono anche nella vita. Il film non parla del Coronavirus, ma tratta comunque il tema dell’isolamento e della restrizione.

Sono contento che nessuno mi abbia insegnato a recitare: perché così, non sapendo recitare, recito benissimo.
Ettore Petrolini

Valerio Molinaro

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