Un funambolo colorato e giocoso nel suo pigiama con i pupazzi e i calzettoni verdi, gira e gioca questo bimbo cresciuto appeso ad un trapezio come un circense un po’ impacciato alle prese con la vita.
Filippo Timi ci porta indietro nel tempo, ci conduce in questo viaggio della nascita iniziato fra la morte e l’abbraccio. L’affaccio al mondo,i primi sorrisi, le sorprese e le scoperte impacciate; gli occhi di chi guarda e abbassa le labbra in una smorfia con le labbra all’ingiù, le aspettative che cadono e il dolore che pian piano si fa spazio mentre il mondo cresce in questo corpo dispettoso che non risponde ai desideri.
Sferzante, tagliente, a tratti esilarante, un racconto vivace e travolgente come solo un bambino può fare. Un dialetto morbido, tenero a tratti buffo che meglio non può esprimere la purezza di un fanciullo.
Beffardo a far da contrasto il musicista Alberto Di Dobba canta in napoletano con la sua maschera ingombrante a proteggerlo dal mondo e dal giudizio.
Un mondo bello e affettuoso, da cui è così difficile farsi comprendere. La voglia di cantare, di ballare, di pattinare, di muovere le mani e non farsi male, le braccia forti tanto da esser legate, la testa ferma, il cuore impazzito e nulla nulla di tutto questo che possa esser visto, udito, sentito, solo gracchianti gemiti di un corpo sconnesso. Dolore.
E nonostante tutto continuare a credere e sognare, desiderare, stare sempre in alto, un pò più su degli altri per osservare e vedere “perché più lo vedi il immondo e più il sorriso si allarga”.
Handicap e diversità, sessualità e maschere, disco music, cartoni, gatti, parallelismi continui, sfrontati, sfacciati, immagini che diventano schiaffi. Ogni volta che il velario scende illuminato da dalle luci di Gigi Saccomandi si riprende il respiro trattenuto per tutto il tempo che Timi, instancabilmente fa dono di sè.
Da bambino a soubrette, da trapezista a pattinatore, un crescendo di possibilità di un mondo interiore e vivo, colorato, esagerato, immenso e stretto nell’imprevisto di una scatola cranica sigillata che “magari si spacca e il cervello ce la fa a crescere”.
E invece non resta che esagerare e giocare in testa e nel cuore, e ci provi ancora innocente e puro, ci provi a spiegare che “in un cuore in fiamme non ci si arrampica con gli stivali, ma con le carezze”.
Elena Grimaldi
Visto il 27 novembre 2019 al Teatro Bellini di Napoli. Repliche fino al 1 dicembre 2019
uno spettacolo di e con Filippo Timi
Donna voce e chitarra
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
produzione Teatro Franco Parenti / Teatro Stabile dell’Umbria
durata 80 min.