Certi di Esistere: cinismo e sarcasmo nell’amara commedia “pirandelliana” di Alessandro Benvenuti

Ideata, scritta e diretta dal poliedrico Alessandro Benvenuti, Certi di Esistere è una commedia amara e un po’ scorretta in linea con la tipica tradizione caustica e mordace della comicità toscana, tradizione di cui lo stesso Benvenuti è storico e riconosciuto rappresentante.
La commedia, che restituisce temperature dichiaratamente pirandelliane, racconta la storia di cinque attori costretti a misurarsi, durante una prova di lettura a tavolino, con l’interpretazione di un testo improponibile, un testo scritto dal loro autore-demiurgo che non compare mai in scena ma la cui beckettiana e controversa personalità aleggia come quella di fantasmatico padre/padrone ora caritatevole, ora dispotico, che ha mosso e continua a muovere, capriccioso e seducente burattinaio nascosto nell’ombra, i sottilissimi fili delle loro complesse ed assurde esistenze.
I cinque attori, incastrati in un testo senza né capo né coda, insignificante e mal scritto, capiscono di essere precipitati in uno spazio sconosciuto, uno spazio esterno alla confort-zone in cui si erano sempre sviluppate le loro dinamiche relazionali, sia private che professionali, e vivono con smarrimento e disperazione questa imprevista e improvvisa espulsione dalla routinaria compostezza logico-esistenziale dei ruoli che, solitamente, l’autore era uso predisporre per i loro progetti teatrali. Così, senza nascondere un marcato rigurgito di rabbia e irritazione, sentendosi vittime di un sadico e brusco abbandono, i “cinque personaggi in cerca d’autore” innescano tra loro, durante quella che si prospetta essere l’ultima giornata di prove condivisa, relazioni inedite, concedendosi slanci emotivi e confessioni ora feroci, ora tenerissime, ora infantili, ora ispirate a criteri di estrema e inusitata saggezza.
Allo spettatore arriva con tutto il suo carico di cinismo e tristezza, la fragile e meschina essenza di un’umanità spiazzata, priva di alternative, incapace di gestire l’ipotesi di una estemporanea e repentina emancipazione: gli attori – deprivati di un testo che abbia senso – sono simboli evidenti della nostra stessa tossica dipendenza da ruoli socialmente riconosciuti e da stereotipi standardizzati che – seppur apparentemente avversati – sono gabbie dorate all’interno delle quali continuare a reiterare gli stessi dolorosi e ordinari schemi comportamentali.
Replica vista a Napoli, Galleria Toledo il 27.11.2021
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