Tra le novità delle prossima stagione teatrale c’é “Gleba”, che con un titolo (apparentemente) demodé parla invece di stretta attualità. Ne parliamo col protagonista, Alessandro Bevilacqua.“Gleba – viaggio tra gli schiavi del nuovo millennio” affronta il tema del Caporalato, fenomeno diffusissimo in Puglia e a quanto pare inestirpabile. L’autore Antonio Mocciola ha dedicato lo spettacolo ad Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore prematuramente scomparso che scrisse “Uomini e caporali” denunciando il fenomeno del nuovo schiavismo.E’ la prima volta che a teatro si affronta questo tema scottante: ne senti la responsabilità?
Si, è vero, è un tema che non viene affrontato a teatro. E fino ad oggi, da quello che mi dicono, è un tema che neanche allo Stato interessa più di tanto, e di riflesso le persone non possono sapere le problematiche del Caporalato. Sono onesto, all’inizio neanche io ne ero a conoscenza ed è grazie a Mocciola, che sono venuto a sapere di questo fenomeno indegno, diventato un tema a me caro. E alla domanda se mi sento la responsabilità rispondo assolutamente si, dopo aver saputo di cosa si trattasse. Attraverso le parole dell’autore voglio raccontare in maniera non generalizzata e banale, cosa sia realmente il Caporalato e fare conoscere e sensibilizzare più persone possibili, al fine di far sapere finalmente che cosa sia questa vergogna disumana.
Pietro è un ragazzo romano che decide, forse sottovalutando il pericolo, di “arruolarsi” tra i raccoglitori dei pomodori. Che approccio hai avuto verso questo personaggio?
Un personaggio diverso da quelli che ho interpretato nella mia carriera artistica, e molto lontano da me. Ma alla fine è questo il bello della sfida per un attore. L’approccio all’inizio è stato quello di un neofita, curioso, per poi entrare piano piano e avvicinarmi a lui da professionista, cercando di capire la psicologia del personaggio e il perché abbia fatto determinate scelte, che porteranno a determinate conseguenze. Immedesimarmi nella storia per poi poterla raccontare nel modo più veritiero possibile.Minuto dopo minuto, circondandosi di pomodori come in una spirale mortale, Pietro perde pezzi: dal portafogli, al crocifisso al collo, fino a tutti gli indumenti, rimanendo completamente nudo. E’ difficile per un attore rimanere solo in scena, di fronte al pubblico, avendo addosso solo le sue parole? Se è la tua prima volta tutto nudo in scena, e per giunta in un monologo, che emozioni accompagnano questo momento che vivrai?
Non essendo Brad Pitt, per prima cosa vorrei dire che mi dispiace e chiedo scusa già da oggi al pubblico che mi vedrà. Scherzi a parte, questa è una bella domanda. Non è, e non sarà facile essendo la prima volta per me, ma è una sfida che ho accettato e che mi porterà a conoscermi ancora di più, soprattutto come uomo e poi come attore. È importante abbandonarmi completamente al personaggio Pietro e alla storia, a quello che sta vivendo in quel momento quando viene denudato di ogni cosa… dalla personalità al suo vestiario.
Quali sono i tuoi impegni per la prossima stagione e come si colloca “Gleba” nel tuo percorso artistico?
La prossima sarà una bella stagione intensa. Riprendo una tournée da ottobre, e ho altri vari spettacoli di diverso genere che mi impegneranno fino a maggio. “Gleba” si colloca nel mio percorso artistico come una vera è propria novità. Forse è arrivata al momento giusto. Ho 32 anni, 33 a ottobre, e testi del genere non capitano mai a caso. Mi consentirà di crescere ancora di più artisticamente, e visto il tema di cui tratta, anche e soprattutto umanamente.
Ringrazio l’autore, Antonio Mocciola di aver pensato a me per questo monologo e per avermi dato una gran bella gatta da pelare.