Y Olé, “Un mondo sfalsato, sognato, fantasticato, acciottolato”

Un vortice travolgente di colori, suoni, voci, corpi sinuosi: questo è Y Olé, la danza contemporanea è sbarcata a Napoli. Y Olé è la recentissima creazione di José Montalvo, il coreografo, regista e scenografo, spagnolo di nascita ma francese d’adozione, che ha scelto lo Stabile partenopeo per l’esclusivo debutto italiano del suo lavoro più “autobiografico”.

La prima parte dello spettacolo è una rilettura del capolavoro di Igor Stravinskij La Sagra della primavera. Montalvo ha definito questa prima tranche una “coreografia meticcia”, non solo perché sul palco si avvicendano sedici perfomers di nazionalità diverse, ma perché vi è un mix di generi di danza: hip hop, flamenco, danza classica. La musica stravinskijana, dal sapore talvolta apocalittico, accompagna e sottolinea questa miscela di stili che non si fondono ma non confondono, regalando allo spettatore immagini colorate e armoniose. Il ritmo dello “zapateado” – il rumore dei tacchi delle ballerine di flamenco – fa da sottofondo ai grands jetés delle danzatrici classiche o ai salti dei ballerini hip hop. Mentre sul fondale bianco è proiettata l’immagine di un albero capovolto, le cui radici fioriscono; i corpi seguono il flusso incalzante della musica, le culture si mescolano e celebrano così la vita in modo esuberante.

Dall’omaggio a Stravinskij Montalvo passa, nella seconda parte dello spettacolo, a toni più malinconici e nostalgici, attingendo alle proprie origini iberiche, al proprio passato. Così si alternano sulla scena differenti generi musicali: canti tradizionali algerini, francesi, ivoriani, anglosassoni ma soprattutto i suoni spagnoli del flamenco. I ballerini, di volta in volta si adeguano mostrando versatilità e rimanendo allo stesso tempo sempre impeccabili. La Spagna, l’esilio, la giovinezza, i nuovi sound, e sullo schermo scorrono immagini che rappresentano profughi solitari che seguono la direzione di un palloncino o gruppi di profughi su barchette di fortuna, alla ricerca della propria terra d’adozione.

I toni non sono più entusiastici ma i canti a cappella e i ballerini che riescono a realizzare il gesto perfetto che manca se stesso, incantano il pubblico lasciandolo appagato.

 

Mariarosaria Mazzone

 

Teatro Politeama 11/02/2016

 

coreografiascenografia e video José Montalvo
costumi Rose-Marie Melka
assistenza ai costumi Didier Despinc
luci Gilles Durand, Vincent Paoli
creato e interpretato da Karim Ahansal dit Pépito, Rachid Aziki, Natacha Balet, Abdelkader Benabdallah dit Abdallah, Anne-Elisabeth Dubois, Fran Espinosa, Samuel Florimond dit Magnum Elizabeth Gahl, Rocío Garcia, Florent Gosserez, Rosa Maria Herrador, Blaise Kouakou, Chika Nakayama, Lidia Reyes, Beatriz Santiago, Denis Sithadé Ros dit Sitha
produzione Théâtre National de Chaillot – Parigi
coproduzione Les Théâtres de la Ville de Luxembourg

 

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