Tracks – Attraverso il deserto
per scappare dalla (in)civiltà

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Lungo e difficile è il percorso che deve affrontare Robyn Davidson (Mia Wasikowska), il cui obiettivo è il raggiungimento dell’Oceano Indiano, partendo da Alice Springs distante più di 2700 km. Il tragitto prevede l’attraversamento del deserto Australiano in compagnia del suo cane Diggity e di quattro cammelli, limitando al minimo il contatto con esseri umani, eccetto che per il fotografo Rick Smolan (Adam Driver), il quale curerà un servizio fotografico per conto della National Geographic, sponsor di questo viaggio estremo.

Tratto dalla vera storia dell’allora ventisettenne Davidson, il film, è stato presentato alla 70ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il regista John Curran (Stone, Il velo dipinto) riesce abilmente nella messa in scena di una storia che, attraverso delle soluzioni che smussano la monotonia laddove si potrebbe creare (i flashback drammatici riguardanti la dolorosa infanzia della protagonista, o anche gli incidenti di percorso) accompagna in modo coinvolgente lo spettatore lungo il cammino della protagonista.
Cammino che viene intrapreso dalla Wasikowska come se fosse il suo personale viaggio decidendo di sottoporsi ad una prova attoriale notevole ripagato dalla perfetta identificazione col personaggio.
Grande merito per la riuscita del film va alla fotografia, curata da Mandy Walker, grazie al quale si esaltano tutti i luoghi e i paesaggi sconfinati, incontaminati, dove la natura regna sovrana e lo spettacolo visivo che ne deriva non ha bisogno di effetti speciali per ammaliare lo sguardo dello spettatore e stupirlo per la profonda bellezza. La colonna sonora, altro punto di forza della pellicola, accompagna (forse eccedendo e forzandola in alcuni momenti in cui si potrebbe valorizzare il silenzio e i suoni in presa diretta) la solitudine della protagonista  che sola non si sente e per questo decide di allontanarsi da una “civiltà” che non percepisce come propria, e lo fa con un viaggio lungo 6 mesi. Alla domanda  “Ma perché lo fai?” lei risponde: “Perché no?”; d’altra parte ogni spiegazione sarebbe inutile, nel vano tentativo di far comprendere ad una persona totalmente estranea all’incanto del viaggio e alle esperienze vive che, in un’epoca in cui tutto è a portata di click, tutto è semplificato, il valore delle cose risiede nella loro reale essenza… Basterebbe solo smettere di imporsi limitazioni e scuse che impediscono di tuffarsi in meravigliose esperienze che potrebbero essere vissute  da tutti, ma certamente non attraverso uno smartphone.

Dario Cerbone

03/05/2014

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