“Stones”: simboli e storia collettiva di ieri e di oggi

Gli attori mimi della compagnia israeliana Orto-Da in scena al Rifredi per la Giornata della Memoria con uno spettacolo dedicato al Monumento agli Eroi del Ghetto di Varsavia.

Varsavia è una città che conserva in ogni angolo, suo malgrado, le tracce della storia, soprattutto dopo essere stata completamente rasa al suolo a seguito dell’insurrezione del 19 aprile 1943. Per due mesi un gruppo di ebrei tentò di ribellarsi all’occupazione tedesca, migliaia di persone persero la vita e il Ghetto ebraico venne incendiato. Nel centro della città sorgono oggi diversi monumenti a memoria del coraggio dimostrato dagli ebrei polacchi, tra cui il Monumento alla Rivolta nella piazza Krasińkich (costruito nel 1989 su progetto di Vincent Kućmy e Jack Pudding) e il Monumento agli Eroi del Ghetto (opera del 1948 dello scultore ebreo Nathan Rapoport). D’altronde la forza di volontà di questo popolo si evince anche dal grande impegno impiegato per la ricostruzione della città, tra quelle maggiormente distrutte durante la guerra: molti monumenti (come il castello) furono riedificati solo grazie alla presenza di opere d’arte che li ritraevano, tra cui diversi quadri di pittori italiani.

stones_TPSTONESIn occasione della Giornata della Memoria il Teatro di Rifredi ha ospitato la compagnia israeliana Orto-Da – un gradito ritorno dopo la prima volta nel 2010 – con il suo spettacolo di Visual Theatre “Stones” dedicato proprio al Monumento agli Eroi del Ghetto. Ironia della sorte vuole che questa opera – la prima in ordine cronologico costruita per celebrare l’eroismo e la resistenza ebraica – fosse realizzata con i blocchi di granito svedese che alla fine degli anni Trenta erano stati scelti per erigere un monumento dedicato alla vittoria del Terzo Reich di Hitler. Finita la guerra, infatti, i blocchi furono abbandonati finché Rapoport non li usò per omaggiare i ribelli del Ghetto. I sei mimi attori dell’Orto-Da Theatre Group partono da questa premessa – annunciata da una voce fuori campo all’inizio dello spettacolo – per dare vita alla loro performance di teatro visivo; un lavoro piuttosto originale, come vuole la cifra poetica del gruppo che, formatosi nel 1996, ha scelto un nome che unisse il teatro di tradizione (Orto come radice di Ortodosso) a quello di innovazione (Da come Dada).

stones  statua 1L’effetto visivo è grandioso sin dai primi istanti quando le grosse statue (ottima la realizzazione di trucco, costumi e scene) prendono letteralmente vita e cominciano una sorta di viaggio immaginifico attraverso una storia di cui è facile riconoscere i simboli. Conosciamo bene il dramma dell’esodo, della deportazione, dei campi di concentramento, la realtà di un popolo che ha lottato e lotta per una pace che non arriva mai. Gli Orto-Da, però, ci spingono a riflettere. È davvero una storia che appartiene solo al popolo ebraico, o non siamo tutti vittime di persecuzioni, di emigrazioni forzate, di episodi di guerra e violenza? Siamo davvero sicuri che si tratti del passato? E se fosse il nostro presente? O peggio: il futuro? La scena dei “caproni” che osservano inebetiti le immagini alla TV, al di là della comicità degli sketch degli attori, risulta agghiacciante se rapportata agli accadimenti di oggi. La narrazione di “Stones” sembra quasi calarci all’interno di una fiaba e, come tutte le fiabe, il male e il bene sono solo archetipi di una storia collettiva. Al posto di principi e principesse qui abbiamo attori-clown che giocano con gli oggetti trasformandoli in altro, che riescono a trovare la poesia anche in un filo spinato – richiamo ai confini di un campo ben noto – le cui corde vengono “suonate” dai prigionieri. In una sincronia perfetta di movimenti, musica e luci lo spettacolo si dipana leggiadro, ci commuove, ci fa ridere, a volte sembra “prenderci a schiaffi” con scene toccanti e crude, altre prova ad addolcirci con fiori e innamoramenti. Non è più così facile prendere le distanze da questa storia, fingendo che non ci appartenga. Amore e odio, guerra e pace si alternano nella nostra vita, a volte possiamo cercare di ignorarlo per andare avanti, finché gli eventi non superano i limiti facendoci inorridire. Nietzsche parlava di eterno ritorno. E noi?

Firenze – TEATRO DI RIFREDI, 24 gennaio 2015

Mariagiovanna Grifi

STONESda un’idea di Yinon Tzafrir; Drammaturgia: Yifat Zandani Tzafrir; Regia: Yinon Tzafrir, Daniel Zafrani; Scene: Miki Ben Knaan; Costumi e accessori di scena: Tova Berman; Musiche: Daniel Zafrani, Yinon Tzafrir; Disegno luci: Ury Morag; Consulenza artistica: Avi Gibson Bar-El; Interpreti: Avi Gibson Bar-El, Motty Sabag, Hila Spector, Nimrod Ronen, Michael Marks, Yinon Tzafrir.

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