“Pupi Siamo”, viaggio buffo in cerca di Pirandello

Al Teatro Le Laudi un dialogo incalzante sulla vita vissuta e su quella narrata per la regia di Gianfranco Pedullà.

‹‹Pupi siamo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Ognuno si fa pupo per conto suo: quel pu­po che può essere o che si crede d’essere››. Gianfranco Pedullà presenta al Teatro Le Laudi “Pupi siamo”, uno spettacolo interamente dedicato alla genialità pirandelliana, un omaggio alla sua poetica, alla sua scrittura raffinata, ai suoi personaggi contraddittori di intrigante e ineguagliabile indole. Luigi Pirandello è tutto questo, un uomo che scrisse ‹‹un mare di parole, un oceano››, che visse nel suo ‹‹picciriddu universo dolorante›› popolato di spaventosa e umana modernità. Lo ricordano così Marco Natalucci e Gianfranco Quero, eleganti ed esperti interpreti di questo viaggio temporale che ripercorre tutta la vita dell’autore siciliano, i suoi traguardi più importanti, i suoi passi più famosi, i suoi paradossi così forti e innovativi che lo rendono ancora oggi uno scrittore completo, sensibile e immancabilmente vero. Il suo vitalismo resiste ancora e si fa strada nella moltitudine di uomini/attori da lui ideati e in perenne divenire, marionette complesse che non possono mostrare la loro reale identità perché imprigionate tra ruoli e regole imposte da un’incalzante società.

Nessun altro palcoscenico, se non quello teatrale, poteva ben aderire alla sua espressività artistica, difficile da incasellare, perché si corre sempre il rischio di affibbiarle effimeri attributi che compromettono il merito della sua unica autenticità, riconosciuta nel 1934 con il Premio Nobel per la Letteratura per il suo “ardito ed ingegnoso rinnovamento” in campo drammaturgico e umanistico. Il lavoro riproposto da Gianfranco Pedullà ha saputo ampiamente tradurre la ricchezza di questo personaggio mai tramontato, ma sempre seducente, sconcertante nei suoi “avvertimenti del contrario”, delicato nella scelta dei linguaggi che celano una profondità di significato che non tarda a svelarsi. Cosi è (e pare) la messinscena dello stesso Pedullà, che ha colto buona parte della tecnica pirandelliana, parlando “anche agli occhi e non solo alle orecchie” del pubblico spettatore. Una regia compatta ed organica, sostenuta dalla firma di Gianfranco Quero, ideatore del progetto.

La trama trae ispirazione dal dramma sospeso di Pirandello ‘I giganti della montagna’, pubblicato e donato alle scene postumo. I protagonisti di questa storia sono due attori, Mattia e Pascal, Natalucci e Quero per l’appunto, che si stanno recando in teatro per recitarlo. Giunti nei rispettivi camerini si ritrovano a rivangare, in un continuo susseguirsi di appassionati ricordi, la vita e l’arte del prediletto caposcuola siciliano, raccontandone aneddoti, ricorrenze, piccoli cocci delle sue figure di prosa dai mille volti umani, trasportando la platea nella loro narrazione familiare che si evolve in un strepito liberatorio dai ‹‹pensieri intricati che vedono il mondo››, dandogli però un nuovo senso e restituendogli un’anima attuale che rende giustizia all’infinito universo proprio degli uomini e che si può scovare ancora nell’odierno presente, sebbene ‹‹niente è vero e vero può esser tutto››. Ma una cosa è certa e mantiene la sua verità noncurante del tempo villano che muove le lancette degli orologi, mettendoci in guardia dai nostri cosmi smaccati fatti di specchi e riflessi fugaci: “Guai, guai, se non vi tenete forte a ciò che vi par vero oggi, a ciò che vi parrà vero domani, anche se sia l’opposto di ciò che vi pareva vero ieri”.

Firenze – TEARO LE LAUDI, 15 marzo 2015.

Mara Marchi

PUPI SIAMORegia: Gianfranco Pedullà; Progetto di: Gianfranco Quero; Produzione: Teatro Popolare d’Arte; Costumi e oggetti di scena: Rosanna Gentili; Luci: Marco Falai; Interpreti: Marco Natalucci, Gianfranco Quero.

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