“Parassiti Fotonici”, Bruno Fornasari propone un testo sfuggente e inquietante

In una delle ultime produzioni di Philip Ridley, Parassiti Fotonici, proposto dal Teatro Filodrammatici di Milano all’inizio di febbraio, si possono cogliere suggerire riferimenti al Macbeth, al Faust, ma si tratta di un testo sfuggente, inquietante, che può anche sortire nel pubblico un irritato sconcerto.

In effetti, non è facile tracciare un profilo critico di questo londinese, classe ’64, figlio della generazione di Pinter, nipote di quella di Osborne e degli Angry Young Men: pittore, scrittore, cineasta, “uomo del Rinascimento dell’età multimediale”, come lui stesso ama definirsi.

Mi guardo bene dal cimentarmi in tale impresa, ma credo che, per cercare di mettere a fuoco una scrittura che spiazza, che è ad un tempo visionaria e realistica, moralistica e trasgressiva, può servire ricordare che Ridley ha dedicato una parte consistente della sua produzione teatrale a testi, non solo rivolti a un pubblico giovanile, ma scritti per essere messi in scena da ragazzi.

Circa vent’anni fa il National Theatre di Londra aveva dato vita a Connections, un progetto consistente nell’invitare drammaturghi ormai affermati a scrivere testi che potessero immettere nuove opportunità nella pratica teatrale, largamente diffusa delle scuole dei paesi anglosassoni. Autori importanti, come Andy Hamilton, Mark Ravenhill, il premio Nobel nigeriano Wole Soyinka avevano accettato l’invito; fra essi c’era anche Philip Ridley.

Nell’ottobre del 2005, grazie all’illuminata iniziativa di Monica Gattini Bernabò, il Teatro Litta di Milano aveva importato quel progetto, rivolto alle scuole secondarie di tutta la Lombardia. Il felice coinvolgimento di un anglista raffinato e geniale come Luca Scarlini aveva fatto il resto.

parassiti fot 1(2)Fu allora che mi capitò di assistere ad una intrigante messa in scena di Sparkleshark, di Ridley.

Mentre altri testi, ancorché di buona qualità, esploravano il mondo giovanile in modo realistico, a volte con arguzia, ma senza prendere le distanze da stereotipi, con Sparkleshark l’autore sembrava rivolgere sul pianeta dell’adolescenza uno sguardo più obliquo. Il testo affrontando il tema del bullismo, era leggibile come una parabola sulla diversità (argomenti che, ai tempi  non avevano ancora la visibilità mediatica di oggi) con una forma drammaturgica dove la favola e la realtà si mescolavano senza soluzione continuità.

Una connotazione stilistica, questa, che si ritrova anche in Parassiti Fotonici, testo enigmatico fin dal titolo. Anche qui ci troviamo di fronte a una sconcertante commistione fra terreno e ultraterreno, quasi da romanzo gotico. Ma così come sono labili i confini fra questi due mondi, altrettanto sfuggente è la morale che la parabola si supporrebbe dover sottendere. Le giustificazioni che la coppia di protagonisti si dà, nel raccontare una serie di azioni nelle quali, quasi loro malgrado, si è trovata implicata, non sortiscono una vera riprovazione, né la novella coppia di un Macbeth e di una Lady contemporanei viene punita.

Un’eclissi dell’etica? No. A ben vedere, neppure nella tradizione della favola italiana ed europea ciò che la fabula docet è sempre così adamantino. E questa è una favola moderna, narrata con una serie di flash back; messa in scena con una scenografia scarna ma efficace, modificata a vista; con musiche di forte suggestione; con una recitazione nervosa, dal ritmo incalzante. Dove i miti consumistici dei nostri tempi si mostrano senza moralismi superciliosi, ma con ironia maliziosa, producendo frequenti scoppi di ilarità.

Ma proprio in questa modalità obliqua, accanto allo sconcerto misto al divertimento, lo spettacolo lascia nello spettatore uno strano retrogusto, forse più efficace, sul piano etico e comportamentale, di quanto avrebbe prodotto un’esplicita riprovazione.

Claudio Facchinelli

 

Parassiti Fotonici (Radiant Vermin) di Philip Ridley.

Traduzione e regia di Bruno Fornasari. Con Tommaso Amadio, Federica Castellini, Elisabetta Torlasco. Scene di Aurelio Colombo, costumi di Erika Carretta, musiche originali di Massimilano Setti. Produzione Teatro Filodrammatici.

Visto a Milano, al Teatro Filodrammatici, il 7 febbraio 2016

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