Padiglione Ludwig festival: “Il registro dei peccati” di Moni Ovadia

indexIl festival Padiglione Ludwig che avrà luogo fino al 9 agosto a Pigneto, nel cortile dell’istituto A. Manzi, ha dedicato la serata del 3 agosto allo spettacolo di Moni Ovadia, Il registro dei peccati.

In scena solamente un leggio ed un microfono ad asta, sullo sfondo una sedia che non verrà mai utilizzata durante lo spettacolo. L’attore prima di iniziare ammonisce le persone presenti ad assumersi le proprie responsabilità per ciò che sta accadendo sulla striscia di Gaza per la guerra tra Israeliani e Palestinesi. Immediatamente iniziano i sentiti e partecipati applausi che saranno presenti durante tutto il monologo ma che verranno frenati da Ovadia per fare rimanere il suo canto una melodia liturgica e non una mera esibizione teatrale.

Lo spettacolo è diviso in tre capitoli: la verità, il canto e “il core business” dell’umorismo. La maggior parte dei racconti sono influenzati dalla visione khassidica, movimento religioso – derivante dall’ ebraico “chesed” (gentilezza) e l’appellativo “chassid” (pio) – che ha creato una sorta di rivoluzione nel mondo dell’ebraismo in quanto si occupa di poveri e celebra le virtù dell’amore per l’umanità soprattutto per la sua debolezza.

La voce calma dell’attore  accompagna il pubblico in un viaggio che passa attraverso i più importanti esponenti del pensiero moderno:  Kafka, Buber, Freud, Einstain fino ad arrivare alle rappresentazioni degli ebrei da parte di Chagall. Si ride alle brevi storie ironiche che riguardano i rabbini e si resta affascinati dalla cultura immensa di un uomo che, pur nell’agnosticismo,  ha assunto la missione di comunicare la tradizione yddish. Si impara che gesù utilizzava il canto e che l’universo detiene in sé una melodia.

Ci si commuove essendo trascinati in una sorta di esame di coscienza collettivo, in cui sono svelate le fragilità umane ma anche l’estrema maestà di chi ha scelto di vivere in modo diverso.

Erika Morbelli

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