Ogni genio è un gran fanciullo!

Oggi ho avuto il grandissimo piacere di intervistare Giovanni Benincasa. Autore televisivo, giornalista e scrittore, Giovanni ha lavorato a tantissimi programmi cult, come Carramba! Che Sorpresa, Carramba! Che fortuna, Furore, Matrix, Quelli che il calcio, e altre pietre miliari della televisione italiana. Nel 2020 ha ideato un programma, Una pezza di Lundini, caratterizzato da una serie di gag e interviste surreali a personaggi del mondo dello spettacolo, che ha letteralmente spopolato ed è diventato un autentico fenomeno di massa.

Buonasera Giovanni. Anais Nin affermava: “se non respiri attraverso la scrittura, se non piangi nello scrivere, o canti scrivendo, allora non scrivere, perché alla nostra cultura non serve”! Cosa rappresenta per lei la scrittura?

Né respiro, né pianto, né canto. La scrittura è materia per solisti, come la pittura: io sono un tendenziale solista. È materia mutevole, capricciosa: cambia nel tempo, le parole invecchiano e io mi arrabbio.  Ogni cosa scritta dovrebbe “riposare” come una parmigiana di melanzane: mangiata il giorno dopo dovrebbe essere più buona e invece sa di merluzzo freddo in guazzetto. Dopo un mese è addirittura illeggibile.

Che lavoro sognava di fare quando era piccolo?

L’astronauta, l’attore, lo scrittore, l’architetto, lo scienziato, il pittore.

Era uno di quei bambini che prendeva sempre otto al tema di italiano?

Ma no! Io a scuola andavo male: ero sempre distratto, mai attento, mai applicato. Non ho avuto grandi insegnanti: non conservo cioè memoria di lezioni magistrali, ma solo di una lunga noia quotidiana e tantissima paura di essere interrogato.

Come è cambiata la tv da quando ha iniziato?

È in più angoli della casa, ma spenta.

Mi indica tre programmi di una tv straniera che funzionerebbero in Italia.

Guardi, io scommetto che se lei infilasse la sua mano nel cestello della tv italiana, come a voler prender delle noccioline, lei pescherebbe almeno tre noccioline straniere.

Come mai nel 1993 decise di trasferirsi in Spagna? Secondo lei la televisione italiana aveva perso un po’ di mordente?

La verità è che in Rai erano arrivati i “Professori” (Demattè etc.) e ci fu un taglio drastico alle produzioni. Io lavoravo con Bibi Ballandi e fummo costretti a fermarci. Decisi così di fare un’esperienza all’estero.

Com’era Massimo Troisi nel quotidiano, lontano dai riflettori?

Un uomo magnifico: semplice, calmo, riflessivo. Aveva una strepitosa capacità d’ascolto, anche perché dopo averti ascoltato tirava fuori, quasi sempre, una frase leggendaria.

Nel 2000 con il programma Libero inventò la figura della “valletta sotto il tavolo”. Oggi si potrebbe inventare un simile ruolo in un programma?

Il “virgolettato” però l’ha messo lei: io ho solo messo Flavia Vento dentro un cilindro di plexiglass. No, oggi sarebbe impossibile. Non mi possono nemmeno più prendere in giro perché sono bassino: anzi, “diversamente alto”.

Cosa ha visto in Valerio Lundini per decidere di scommettere su di lui?

Un artista puro. Una nuova forma di applicazione scenica: un autore e un personaggio istintivo ma anche geometrico, mai scontato.

Che idea si è fatto del fenomeno Lol?

Ho parecchi amici che stavano lì dentro. Ai mei figli è molto piaciuto. Vent’anni fa Sergio Japino realizzò un numero zero con lo stesso principio: chi rideva era fuori. Si chiamava “Che fai, ridi?”

Che consiglio si sente di dare ad un giovane che vuole intraprendere la sua carriera?

Di studiare medicina!

“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”

Albert Einstein

 

Valerio Molinaro

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