Mittelfest, si cambia stile in nome del teatro

Comincia con questo articolo una serie di reportage di Claudio Facchinelli al festival friulano, quest’anno ad un importante punto di svolta, dopo il passaggio di testimone alla direzione artistica.

mittelfestCividale del Friuli, 20 luglio 2014 – Tramontata finalmente (si spera) la stagione caratterizzata da hostess su tacchi di sedici centimetri, questa volta sono state le note severe e gloriose di Trumpet and Tunes di Henry Purcell, intonate dal complesso del Conservatorio di Udine, a marcare, ieri, il nuovo corso del Mittelfest. Questa fanfara, come un tempo facevano gli araldi, ha salutato l’ingresso del nuovo direttore artistico, il compìto, raffinato Franco Calabretto e il presidente, Federico Rossi (un volto da montanaro, cadenza friulana, ma quanta autenticità e saggezza nelle sue parole!).
Quelle note e quelle parole risuonavano nella chiesa di San Francesco – uno dei luoghi deputati del Mittelfest, spogliata della conchiglia di legno che ne nascondeva gli affreschi e le crociere gotiche – ed evocavano con passione l’utopia di un’Europa da fondarsi sulla molteplicità delle sue radici culturali, non sugli accordi economici di Bruxelles.
Il titolo, umile ma promettente, scelto quest’anno è Segnali. Gli spettacoli previsti sono 56, e spazieranno, come da tradizione, dalla prosa, alla danza, al teatro di strada e di figura (un omaggio doveroso all’inventore del “Teatro dei Piccoli”, il cividalese Vittorio Podrecca), ma con un occhio particolarmente attento alla musica (Calabretto dirige il Conservatorio di Udine): un segno che, oltre nell’incipit, si coglie nella scelta dell’Orfeo di Monteverdi, che accompagna in sottofondo, all’inizio di ogni spettacolo, la raccomandazione di spegnere i telefonini.
In prima serata, sempre a San Francesco, una pregevole esecuzione di Histoire du soldat, la favola inquietante ed oscura – come tutte le favole che si rispettino – di Ferdinand Ramuz, musicata da Igor Stravinskij, con i solisti dell’orchestra del teatro Verdi di Trieste e la voce recitante di Massimo Somaglino, declinata nella varietà dei suoi molti registri vocali.
A seguire, al teatro “Ristori” il provocatorio Dannato sia il traditore della patria sua prodotto da Slovensko Mladinsko Gledališče di Lubiana, scritto e diretto da Oliver Frtjć, ha diviso il pubblico. Lo spettacolo inizia con un’evocazione della morte di grande efficacia teatrale: nel silenzio di una scena ingombra di corpi apparentemente inanimati cominciano a udirsi sordi colpi di tamburo, di grancassa, poi una fisarmonica, un clarinetto, un contrabbasso, un basso tuba, al suono delle cui note quelle figure (sono gli stessi attori a suonare) sembrano risorgere lentamente, per poi sparire dietro le quinte. Ma poco dopo la parola (in sloveno, tradotta da puntuali sottotitoli) prende il sopravvento, l’atmosfera cambia. I dialoghi illustrano i sordi, irrazionali contrasti etnici che continuano ad attraversare i paesi dell’ex Jugoslavia e, con l’esplicitarsi di un graffiante, rabbioso engagement politico, la satira, diviene urticante. Con un lungo monologo (questa volta in inglese) un attore si rivolge al pubblico, e spara ad alzo zero sulla Bossi-Fini, Berlusconi, il suo elettorato; non risparmia neppure Bruno Vespa, e l’invettiva inglese si trasforma, in una sequenza di insulti, in una ininterrotta pioggia di fuck off . Ma il ritmo si sfilaccia e, in platea si registra qualche segno di insofferenza, finché la reiterazione, a contrario, della fascinosa sequenza iniziale sortisce l’applauso, non fragoroso, di spettatori più sconcertati che coinvolti.
In chiusura di serata, sul grande palco di Piazza Duomo, le raffinate coreografie de Le souffle de l’esprit, il gala dei due gemelli cechi Jiři e Otto Bubeniček, tornano ad accarezzare senza traumi il gusto del pubblico, coinvolgendolo emotivamente, ora con eleganti figurazioni astratte, ora con forti suggestioni michelangiolesche, specie nel fascinoso, breve numero conclusivo, con i due gemelli soli in scena.
E stamattina, attraversando la piazza intitolata allo storico medievale Paolo Diacono, crocevia di vestigia longobarde, gotiche, rinascimentali, trovo un nutrito gruppo di bambini, accoccolato sul selciato, che assistono con assorta partecipazione allo spettacolo di figura di una minuscola compagnia di strada, una sorta di filiazione slovacca dei felliniani Gelsomina e Zampanò.
Nelle sale superiori del complesso di San Francesco, si tiene un concerto dall’enigmatico ma accattivante titolo La lacrima e il sorriso. Due mondi contrapposti: le atmosfere funebri (Requiem, Appunti in un cimitero di guerra) del giapponese Kazuo Fukushima e del coevo triestino Daniele Zanettovich vengono coniugate con l’irresistibile Carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns dal giovane ma valoroso Ensemble del Conservatorio Tomadini di Udine. Il professor Calabretto, in platea, segue con sguardo affettuoso l’esibizione delle sue creature e, nella pausa, sale addirittura sul palco per aiutarle a sistemare sedie e leggii. Fra gli appunti del cronista rimangono i quarti di tono del funambolico flautista Stefano Fornasaro; le arditezze sonore della percussionista Annamaria Del Bianco, alle prese con timpani, campane, vibrafono, xilofono, metallofono, bicchieri, una sirena; lo sguardo di divertita complicità che Michela Franceschina Molaro rivolge al suo partner, anche lui seduto a un mezza coda, durante l’ironico Pianisti, di Saint-Saëns.

Claudio Facchinelli

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