Massimo Giustolisi e lo spazio Bis di Catania
Aria Nuova ai piedi del Vulcano

Mi spinge la curiosità, un pizzico di incoscienza e la voglia costante di nuovi incontri“.

Massimo Giustolisi spiega con semplicità la ricetta per un’impresa che, di questi tempi, sfiora l’eroismo. Aprire una sala teatrale e imbastire una stagione originale, creativa, diversa. Ma nulla nasce dal caso. Tantomeno lo Spazio Bis di Catania.

Con Giuseppe Bisicchia condivido vita e progetti da anni. Siamo quasi coetanei, io ho 43 anni e lui 44. Veniamo da un percorso attoriale molto lungo, formativo, difficile, che ci ha insegnato tanto. Abbiamo creato questo spazio con la consapevolezza di rischiare, ma non siamo soli. Con noi abbiamo Giovanna Sesto e la presidente Silvana D’Anca. E dei cinque titoli che compongono la nuova stagione ben tre provengono da compagnie esterne al contesto siciliano. Non a caso l’abbiamo intitolata “Sguardi”. Cerchiamo di guardare oltre“.

Il tutto con le consuete mancanze di risorse: “Si, al momento é così. E anche lo spazio, che é all’interno dell’istituto scolastico Leonardo Da Vinci, ha un limite di cento posti a sedere. Eppure, garantiamo il cosiddetto “obolo” alle compagnie presenti, con tutti i rischi del caso. E’ un investimento che ci siamo sentiti di fare, come associazione “Buio in sala” ma anche come artisti“.

Un percorso, quello di Massimo e Giuseppe, che parte da lontano: “Dopo esserci diplomati al Teatro Stabile di Catania, e le esperienze col teatro Tezzano e il Centro Zo, ci siamo messi in proprio, con tutti gli oneri del caso, e ogni tanto qualche soddisfazione, per esempio quella che ci danno gli allievi. Le scuole ci hanno insegnato tanto, è un percorso formativo che forgia“.

Nei suoi ricordi, quattro spettacoli su tutti: “Quando nel 2007 girai l’Italia con “La lunga vita di Marianna Ucria” di Dacia Maraini capii che potevo fare l’attore di mestiere, accanto a Mariella Lo Giudice, di cui ero il figlio, e la regia di Lamberto Puggelli. Come dimenticare il Teatro Argentina a Roma, o lo Strehler a Milano? Eppure anche progetti apparentemente piccoli come “Storia di una capinera”,  del nostro amato Verga, “Il gallo” di Tullio Kezich, in cui ero il bell’Antonio, o “Il principe ranocchio”, che toccò le 170 repliche in due edizioni e si avvaleva della voce narrante di Lorella Cuccarini e delle musiche di Ettore D’Agostino, sono nel mio cuore“.

Spesso le gioie nascono dal dolore: “Nel 2019  ho avuto un importante problema di salute, che mi ha bloccato per 8  mesi. Uscirne é stata durissima, considerato poi che dopo é subentrato il Covid con tutto quello che sappiamo. Eppure la forza l’ho avuta. Accanto a me ho un uomo importante, e tanta gente che ci ha sostenuto per ricominciare“.

Le soddisfazioni a volte esulano dal successo personale: “La cosa più bella é creare lavoro, per i colleghi e per i tecnici. Abbiamo insegnanti di canto, danza, musical, recitazione cinematografica e animatori teatrali per i bambini“.

Pregi e difetti si compensano: “Credo di avere una brillante vis comica, ma devo ancora lavorare sulla gestione del corpo. Il nudo integrale che qui farà, l’11 e il 12, Bruno Petrosino con “Cartoline da casa mia”, mi metterebbe a disagio. Non sono disinvolto come vorrei, ed ho un pessimo rapporto col passare del tempo“.

Eppure, i tuoi miti sono attori tutti molto adulti: “E’ vero, amo Roberto Herlitzka, Umberto Orsini, Giulia Lazzarini, Elisabetta Pozzi. E quanto ci mancano Giulio Brogi e Mariangela Melato…

Eppure, se c’è da ringraziare qualcuno, questo peter-pan siciliano dagli occhi vivi e il sorriso dolce non ha dubbi: “Me stesso. Ho lavorato molto per essere come sono. E finalmente mi sento realizzato“.

Attorno a lui, bimbi vocianti, costumi sgargianti, scene da smontare e altre da realizzare. Come i progetti, e le speranze, di una comunità artistica che, ai piedi dell’Etna, ribolle di speranza e sana, vivace creatività.

Antonio Mocciola

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