Mare Mater, per una notte la “Caracciolo” torna al Molo San Vincenzo

“Voi ne farete degli schiavi, io volevo farne uomini liberi”. E’ la storia di una nave, di una donna e di un esperimento pedagogico mai tentato prima. Soprannominata “la Montessori del mare”, Giulia Civita Franceschi è stata un’educatrice napoletana che tra il 1913 e il 1928 accolse 750 bambini e ragazzi a bordo della Nave-Asilo “Caracciolo”, una piro-corvetta della Regia Marina del Regno d’Italia finita poi in disuso.

Mare Mater -NTFI
Mare Mater -NTFI

“I caracciolini”, sono chiamati così i poveri giovani emarginati e in difficoltà che hanno vissuto sulla nave scuola perennemente ormeggiata al Molo San Vincenzo del Porto di Napoli. Ed è proprio su questo stesso molo che si è tenuto lo spettacolo Mare Mater scritto e diretto da Fabio Cocifoglia e Alfonso Postiglione, con la collaborazione drammaturgica di Antonio Marfella. La mise en scène si avvale di una location fuori dal comune: il porto di Napoli, le calde luci delle case, i rumori lontani di una città sempre viva e in fermento e la barocca Certosa di San Martino che imponente si staglia sul colle di Sant’Erasmo, creano un’atmosfera quasi trascendentale. Ancor più opportuna, se non quasi tempestiva, è stata la – del tutto fortuita – entrata nel porto della nave Amerigo Vespucci, veliero a tre alberi della Marina Militare, ormeggiata a Napoli per l’intera settimana.

L’opera, piena di melanconia, è raccontata su due livelli narrativi, quello del presente e quello del passato ormai remoto. Il ricordo di quegli anni vissuti a bordo della piro-corvetta ritornano alla mente dei protagonisti come un fiume in piena che non riesce ad essere arginato. I personaggi-fantasmi che dall’oblio si prestano a voci narranti per spiegare la gioia, l’amore e la speranza sono la rappresentazione di sentimenti e sogni di cui la Nave-Asilo era colma. mare-mater4Giulia Civita Franceschi (Manuela Mandracchia) è affiancata in scena da due suoi marinaretti ormai divenuti grandi (Luca Iervolino e Giampiero Schiano). Rappresentati in scena anche l’allora sindaco di Napoli – poi ministro del lavoro dell’ultimo governo Giolitti – Arturo Labriola, che sostenne in quegli anni la Caracciolo con fondi speciali per l’istituzione di una scuola di pesca per i marinaretti; il padre di Giulia, Emilio Franceschi (Graziano Piazza) e un gerarca fascista (ancora Graziano Piazza) responsabile dell’Opera Nazionale Balilla, che ordinò di inglobare l’organizzazione indipendente partenopea nell’istituzione militare fascista.

Uno spettacolo che tocca le corde sensibili di un pubblico variegato. Ufficiali e comandanti dell’Esercito e della Marina, in prima fila per assistere ad una rappresentazione unica nel suo genere, ricordano come si può ora raccontare un periodo difficile dal punto di vista politico, economico e sociale come quello in cui operò la Nave-Asilo “Caracciolo”. Ricchezza e povertà, arroganza e generosità, potere e speranza. Questi sono solo alcuni dei dualismi, dei rapporti conflittuali che fuoriescono da Mare Mater, che oltre opera che mira a raccontare, risulta essere anche opera di denuncia per dare un messaggio chiaro a chi non crede più nell’identità comunitaria del nostro Paese. Infatti la “Caracciolo” non si limitò ad essere una scuola di addestramento ai mestieri marittimi, ma fu piuttosto una “comunità” dove qualsiasi fanciullo veniva rispettato e incoraggiato. L’amore e la passione erano, e sono tutt’ora – come sosteneva Giulia Civita Franceschi – i giusti valori per poter educare i giovani alla vita.

Jean Daniel Patierno

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