“L’urlo bianco”, quando la paura è candida come la neve

urlo-bianco-front-coverGià finalista ad un concorso dedicato al maestro dell’orrore Stephen King, e dopo aver pubblicato racconti in antologie e blog, Antonio Ferrara fa il grande passo in libreria con “L’urlo bianco” edito dalle Edizioni Il Foglio.

Quel che salta subito all’occhio è la candida copertina: una strada di montagna, unica scia percorribile, non senza qualche pericolo, in un paesaggio totalmente immerso nel bianco della neve, elemento soave e delicato, ma che nel romanzo rappresenta anche l’habitat per qualcosa di non esattamente pacifico e tranquillo.

Protagonista della vicenda, se così si può definire, visto ci si troverà di fronte ad un racconto corale, è Mike, un autore che si ritrova ad aver raggiunto la notorietà con un romanzo da poco pubblicato, ma che soffre del blocco dello scrittore per il prossimo lavoro: proprio per questo motivo decide di rifugiarsi in un tranquillo chalet sui monti chietini per ritrovare sé stesso e per superare l’impasse da foglio bianco. Quel che troverà non sarà esattamente la serenità tanto sperata, ma anzi qualcosa che di tranquillizzante avrà ben poco.

A dispetto dei classici romanzi festaioli che trovano la loro postazione ideale al centro delle festività natalizie, “L’urlo bianco” si connota immediatamente come un appassionante romanzo horror in cui, saggiamente, il “non sapere” appare ancora più spaventoso di truculente scene esibite sotto l’occhio del lettore di turno.

I personaggi che trovano spazio nel libro, un po’ come in un seducente gioco di ruolo, incarnano le caratteristiche medie dello stereotipo condite però da sfumature interessantissime: incontreremo dunque un ufficiale della forestale apparentemente burbero a cui è affiancato un novellino non abituato ai pericoli del posto, una donna ormai matura in pena per i propri figli e a cui la propria mente (forse) gioca qualche brutto scherzo, così come una famiglia in vacanza composta da madre bigotta, padre libertino e figlio autistico, capace di entrare in contatto con quello di spaventoso che quelle lande celano.

Una giovane vittima conosciuta di sfuggita tra le prime pagine del libro, prima di effettuare un salto temporale capace di far conoscere un cast quasi alla “Twin Peaks”, rappresenta la ciliegina sulla torta di un libro che obbliga letteralmente il lettore a divorare capitolo dopo capitolo per conoscere i movimenti dei vari protagonisti, offrendo ad ogni finale di pagina l’occasione per stupirsi e voler necessariamente andare avanti.

Aver scritto “L’urlo bianco” esattamente negli stessi luoghi raccontati tra le sue pagine probabilmente dona all’opera stessa quella magia in più che non può che far venir voglia di visitare quei posti, mossi da un pizzico di coraggio nell’affrontare qualcosa che potrebbe nascondersi dietro i rami innevati e le strade troppo scivolose da percorrere in auto, punto di merito di un lavoro che può definirsi un nuovo piccolo must per gli appassionati di horror psicologico e delle bellissime atmosfere ricche di tensione.

Gaetano Cutri

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