Coding Dance

Coding Dance: la solitudine dei numeri primi

La coreografia di Leonardo Diana al Teatro Cantiere Florida di Firenze

Coding Dance: Leonardo Diana esce fuori dagli schemi

Il contrappunto musicale ha molto a che fare con la matematica. La battuta è un’unità numerica e, come già affermava Cassiodoro nel VI sec., la musica è una disciplina in cui si parla di numeri. A fronte della troppo spesso netta divisione tra discipline umanistiche e discipline scientifiche, il coreografo e danzatore Leonardo Diana esce fuori dagli schemi con Coding Dance, puntando dritto al cuore del concetto di differenziazione.

Sequenze numeriche e schemi coreografici

Sul palcoscenico del Teatro Cantiere Florida otto danzatori danno prova di versatilità e disciplina, seguendo precisi schemi coreografici che lasciano poco spazio all’improvvisazione e alla libera interpretazione. Sequenze numeriche come quella di Fibonacci diventano il punto di riferimento per i passi di danza. Un’operazione non scontata se si considera che l’arte coreutica, come la musica, si basa su un tempo binario o ternario, e normalmente non ammette sistemi alternativi di conteggio.

Tra rigore e fluidità

Coding Dance si esprime tramite movimenti ripetitivi eseguiti all’unisono ma anche attraverso assoli nei quali il ritmo perde la propria ragion d’essere. I corpi danzanti sono ora rigorosi come le lancette di un orologio, ora fluidi come acqua che scorre. La matematica non è calcolo sterile ma viene raccontata nel suo lato più oscuro e sconosciuto: il codice si fa contrappunto e il contrappunto musicale, pur basato su regole ferree, è capace di sprigionare emozioni.

Il tessuto sonoro

Anche il tessuto sonoro è bipartito: in parte, tramite un semplice ticchettio, guida i momenti più ritmici e apparentemente sterili della coreografia; in parte cambia completamente tono, accompagnando i movimenti più fluenti e toccando le corde più sensibili di chi ascolta e guarda. Quest’ultimo tipo di colonna sonora, bellissima ed evocativa, sprigiona malinconia, dolore, incomprensione, solitudine.

La solitudine dei numeri primi

I numeri protagonisti di Coding Dance sono numeri primi, divisibili solo per sé stessi e per zero. La metafora richiama il romanzo La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano e l’omonimo film diretto da Saverio Costanzo: attraverso i due protagonisti emergono specifici disagi derivati e derivanti dal mondo interiore ed esterno: il lutto, il dolore fisico e psichico, l’isolamento, l’anoressia.

Tecnologia, algoritmo, omologazione

Anche la coreografia di Diana lascia spazio a riflessioni di valore sociale di ampio respiro e quanto mai attuali. Lo scontro non è soltanto quello tra matematica e poesia, ma anche quello, più grande di noi, tra la perfezione della natura e il margine di errore proprio del calcolo umano, della macchina. Il mondo di oggi è pressoché vittima di un rapporto di totale dipendenza dalla tecnologia, dal potere dell’algoritmo, dall’omologazione: di fronte alla quantità, la qualità soccombe. Questo sistema è fortemente contraddittorio in quanto sembra funzionare perfettamente, come la matematica, ma non ammette ignoranza. Chi non conosce il sistema, chi non si integra, è fuori.

Costumi di scena

L’omologazione è rappresentata in parte dai costumi di scena. Si tratta di tute nere dotate di cappuccio che disumanizzano i danzatori. Non c’è maschile, non c’è femminile, non emergono peculiarità e differenze fisiche. Chi esce dagli schemi, coreografici, di costume, artistici e sociali in genere, viene per un attimo compatito dal singolo ma presto messo all’angolo dalla comunità.

Paura dei rapporti

Questo messaggio è evidente nel finale di Coding Dance in almeno tre episodi. A questo punto il sesso biologico dei danzatori è almeno parzialmente evidente: i cappucci sono stati abbassati e la capigliatura svelata. Una di loro sprigiona una risata davanti a un abbraccio, ma piange quando è lei ad essere abbracciata, quasi come a denunciare una incontrollabile paura nei confronti dei rapporti sociali. Un’altra performer intona a cappella una soave melodia ispanica mentre due ballerini accennano un lento sfiorandosi le labbra per poi staccarsi bruscamente quando il canto si interrompe, come a volersi nascondere.

Ombre

Un altro dei danzatori, dai tratti latini, cade a terra; tutti commentano con un’interiezione di stupore, quasi in segno di dispiacere. Eppure non gli tendono la mano: iniziano ad aggredirlo, uno a uno, costringendolo a terra. La massa è deleteria, feroce. Come in un sistema organicistico, il male si può diffondere rapidamente mentre il bene, la salute e il benessere sono dati per scontati o ridotti a pura apparenza. Infine una giovane donna, all’incalzare della suddetta e struggente colonna sonora, si spoglia dei vestiti di scena, si libera dall’omologazione. Rimane nuda, priva di protezioni. Ombre sempre più scure vengono proiettate sul suo corpo mentre in sala scende il buio e “salgono” applausi scroscianti.

TEATRO CANTIERE FLORIDA – Firenze, 6 febbraio 2023

Benedetta Colasanti

 

CODING DANCE – Ideazione e coreografia: Leonardo Diana; assistente coreografica: Isabella Giustina; con Giuliana Bonaffini, Ginevra Gioli, Gaia Mondini, Matheus Alves de Oliveira, Federic Zoungla, Valentina Sechi, Isabella Giustina, Luca Tomao; produzione: COB Compagnia Opus Ballet, Versiliadanza.

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