“La soggezione” e le assenze incolmabili

“La Soggezione” è il sentimento più nobile

E’ anche il protagonista di uno spettacolo in bilico tra presente e passato

La soggezione è un sentimento comodo effettivamente, perchè impone rigore e rispetto delle regole, ma anche una sorta di assenza di responsabilità.

Sottostare a qualcuno potrebbe essere anche un modo per spronare le proprie qualità a venir fuori e ad eccellere sotto alcuni aspetti.

E’ ciò che accade a Luca, protagonista de “La Soggezione”, spettacolo teatrale di Antonio Mocciola andato in scena presso il Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli.

Luca è un promettente atleta, sotto consiglio di un amico si iscrive ad un corso universitario di nuoto, dove verrà seguito da un valido istruttore.

Dietro l’etichetta di modello americano, l’allenamento che l’istruttore impone al suo pupillo profuma di ambiguità e umiliazione.

Un atteggiamento autoritario, effettivamente associabile ad un insegnante ferreo, diventa una forma di sudditanza che può nascondere altro.

Fin dalle prime battute ci si rende conto che c’è qualcosa di non detto, uno strato superficiale di normalità nasconde strati di passato torbido.

Man mano, attraverso flashback e analisi dei personaggi, si noterà cosa si nasconde nel rapporto tra di due protagonisti.

Il testo di Antonio Mocciola porta due soli attori in scena, ma altri due, i genitori di Luca, pur non apparendo effettivamente in scena, sono tangibili.

Entrare nella loro mente permette di capire molto de “La Soggezione” e del valore di quest’opera sotto vari rapporti umani.

Si scoprirà infatti che la soggezione non è solo quella semplice di un maestro per il suo allievo, ma può toccare chiunque.

Il giovane allievo, interpretato da Renato Fontanarosa, viene messo in scena coerentemente timido e impacciato, ma in realtà forte e coraggioso.

L’attore riesce perfettamente a modulare, tra presente e passato, le caratteristiche del suo personaggio, tanto giovane ma tanto complesso.

Peppe Carosella, nei panni dell’istruttore, freddo e invettivo riesce bene a portare in scena un personaggio che sembra immune alla soggezione.

In realtà si scoprirà quanto l’animo umano possa nascondere, rivelando, scena dopo scena, fantasmi interiori che prendono il sopravvento.

La regia affidata a Giuseppe Fiscariello, con l’aiuto di Livia Bertè risulta efficace, incalzando con musiche i momenti più importanti

e giocando con le luci nei numerosi flashback che raccontano meglio il passato di protagonisti in scena e fuori scena.

La vera protagonista però rimane lei, la soggezione, quel sentimento comodo che però spesso impone limiti che divorano.

Gaetano Cutri

Share the Post:

Leggi anche