“Il teatro italiano di commedia in commedia nelle maschere di Giancarlo Santelli”

Suggestivo viaggio nella storia dello spettacolo attraverso la maschera nella mostra allestita al Teatro della Pergola, progetto di Maurizio Scaparro.

santelli al lavoro 4Un’avventura complessa e di lunga durata, quella della maschera, strumento indispensabile dell’arte dell’attore, che ha esercitato ed esercita il suo fascino sulle civiltà di Oriente come d’Occidente, dal mondo antico sino ai nostri giorni. Eppure, troppo spesso ci dimentichiamo che essa è anche e soprattutto un sapiente manufatto artigianale. Il Teatro della Pergola ha dato l’occasione unica per riflettere su questo fondamentale quanto ambivalente oggetto teatrale con l’allestimento della mostra dedicata all’arte della maschera e a uno dei suoi più abili costruttori, Giancarlo Santelli. Grazie a foto, attrezzi da lavoro, calchi e bozzetti è oggi possibile entrare nella bottega di questo abile mascheraio e ricostruire passo dopo passo il suo delicato lavoro, dall’idea abbozzata su carta, al modello in argilla e poi in gesso. santelli arlecchinoLe ultime modifiche, i ritocchi, le correzioni prima della forma in terra refrattaria che deve accogliere la colata di piombo. Si ottiene così un calco su cui plasmare il cuoio bagnato. È questo, secondo Santelli, il miglior materiale da lavorare perché permette alla maschera, una volta indossata, di scaldarsi e ‘adattarsi’ al viso dell’attore. Naturalmente non è l’unico, accanto troviamo cartapesta, resina, lattice, legno, ognuno con una propria specifica tecnica di lavorazione. Ciò che colpisce, infatti, è sia l’enorme pazienza nella realizzazione (occorrono dalle tre alle quattro settimane per ogni manufatto), sia le ampie esperienze artigianali richieste.

santelli al lavoroIl percorso espositivo, ideato dallo stesso Santelli e da Maria Bellini, permette anche di riflettere su alcuni momenti della storia dello spettacolo occidentale nei quali la maschera ha svolto un ruolo imprescindibile. Anzitutto il mondo antico. Per avere un’idea del prósopon indossato dagli attori, dal coro e dai figuranti del teatro classico occorre incrociare vari tipi di fonti: certo la drammaturgia superstite, ma anche le testimonianze letterarie (in primis il fondamentale trattato di Polluce), la pittura vascolare, la scultura. A tal proposito, non si può non ricordare il noto corpus di terracotte liparesi: oltre mille pezzi databili a partire dal IV sec. a.C. che sono stati riconosciuti da Luigi Bernabò Brea come la «più ampia e più completa documentazione, relativa alla maschera teatrale e al costume scenico, che ci sia pervenuta dall’antichità classica», con esempi riferibili anche alle tragedie di Sofocle ed Euripide. E proprio a questi reperti archeologici si è ispirato Santelli per una serie di personaggi delle commedie plautine realizzati per l’Istituto del Dramma Antico di Siracusa.

maschera santelli 1Dalla classicità alla Commedia dell’Arte. Come noto, quest’ultimo fu il fenomeno più innovativo nel panorama teatrale italiano ed europeo tra Cinque e Seicento. Non solo perché con essa si affermò progressivamente il professionismo teatrale, ma anche e soprattutto per l’intima connessione che si stabilì tra personaggio e costume. Non è possibile scendere qui nei dettagli di una caratterizzazione che fu anche e soprattutto linguistica, ma occorre rilevare come una parte di quei personaggi – essenzialmente i vecchi e gli zanni – era caratterizzata dall’uso della maschera. Una mezza maschera scura, grottesca, che lasciava libera la parte inferiore del viso, e che nel corso del tempo è divenuta nell’immaginario collettivo simbolo stesso della Commedia dell’Arte. Il riferimento è all’Arlecchino della tradizione, con la maschera nera, la testa rasata e l’abito colorato; o a Pulcinella, mimo per antonomasia, con il naso simile a un becco; o ancora a Brighella, con la maschera bruna sul mento rasato. E l’elenco potrebbe continuare.

santelli pulcinellaMa, come ci ha insegnato Jacques Lecoq, mimo-pedagogo francese, «non si può isolare la maschera da colui che l’indossa e dallo spazio che la circonda». Proporre una mera sequenza di maschere ‘vuote’, oggetti di scena senza vita, sarebbe inutile. La loro contestualizzazione è indispensabile. Ecco allora gli attori che quelle maschere hanno indossato, vissuto, ‘sudato’, dando loro vita scenica. Non tanto quelli cinque-seicenteschi che inventarono e reinventarono i loro personaggi, quanto quelli di oggi, per i quali Giancarlo Santelli ha sapientemente costruito i propri capolavori: Massimo Ranieri, Gigi Proietti, Dario Fo, per fare solo alcuni esempi.

Alla luce di quanto detto è allora possibile guardare all’arte del mascheraio con occhi nuovi e con una maggiore consapevolezza: quella di essere di fronte a un bene culturale da tutelare e preservare nella sua unicità, ma anche da trasmettere alle nuove generazioni.

2 mostra santelliIn effetti la mostra rientra nel più ampio progetto “Giovani, cultura, lavoro”, ideato da Maurizio Scaparro in collaborazione con la Fondazione “Teatro della Pergola” di Firenze. Un lungo viaggio verso la riscoperta e l’apprendimento dei mestieri del teatro, iniziato nel 2011 con l’incontro internazionale “I Giovani e i Maestri: quale futuro?” e proseguito attraverso specifiche masterclass coordinate da Ferdinando Ceriani. Offrire ai giovani la possibilità di prospettive lavorative in campo culturale e, più specificatamente, teatrale (questa l’idea di base) è certamente una sfida concreta quanto difficile, ma che si sta rivelando vincente. Nel giugno dello scorso anno il progetto ha ricevuto un importante riconoscimento che, tra l’atro, ha aperto la strada a nuove proficue sinergie: l’E:UTSA (Europe: Union of Theatre Schools and Academies) ha accettato la Fondazione della Pergola quale partner associato. E non occorre ricordare le prestigiose scuole di teatro che essa può vantare tra i propri membri: il francese “Conservatoire National Supérieur d’Art Dramatique”, l’“Alexander Zelwerowicz National Academy of Dramatic Arts” di Varsavia, la “Ludwik Solski State Drama School” di Cracovia, la celebre “St. Petersburg State Theatre Arts Academy”, l’“Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico”, e l’elenco potrebbe continuare.

SantelliProprio grazie a queste collaborazioni è stato possibile realizzare, nel dicembre 2013, il workshop, rigorosamente gratuito e destinato agli under 30, “Dalla Commedia dell’Arte ai nuovi linguaggi”, durante il quale quattro grandi nomi della scena internazionale hanno dato vita ad altrettanti laboratori in cui la Commedia dell’Arte è stata rivisitata e reinterpretata alla luce delle metodologie teatrali contemporanee. Nello specifico, Nicky Wolcz, Associate Professor della Columbus University School of Arts di New York, ha tenuto un laboratorio dal titolo “Il dottor Endrophinus o la risata come arma”; Michele Monetta, regista, attore e insegnante presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, ha svolto un seminario sui saperi scenici dei Comici dell’Arte; Marc Proulx, docente di training fisico all’ESAD-TNS di Strasburgo, ha affrontato un tema essenziale per la recitazione e cioè il lavoro dell’attore con la maschera; infine, Janusz Skubaczkowski, preside associato del dipartimento Teatro Danza a Bytom e Scuola Statale di Dramma Ludwik Solski a Cracovia, ha tenuto alcune lezioni su “Teatro, danza e Commedia dell’Arte”.

Lorena Vallieri

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