“Il modello di Rodin”, con Giordano Bassetti
l’oscena poesia di Antonio Mocciola

Una storia di manipolazione, identificazione, amore inespresso, plagio, morte e rinascita. C’è tutto questo ne “Il modello di Rodin”, il nuovo testo che Antonio Mocciola si (e ci) regala per i suoi 50 anni e per l’Interno 4, delizioso spazio d’arte nel cuore di Roma diretto da Chiara Pavoni, squisita padrona di casa tra specchi e illustri parterre.

Pur mantenendo inalterato il proprio consolidato stile, l’autore partenopeo, qui anche regista, sposta sempre un po’ più in là i propri temi e il proprio sguardo, affidando a Giordano Bassetti parole e concetti insidiosissimi da affrontare, e ancor più da mettere in scena. Eppure, anche stavolta, la magia si accende. Bassetti, dopo tanti anni in giro con Buccirosso nel teatro brillante e popolare, accetta (e vince) la sfida della ricerca, donando al suo Auguste Neyt, il celebre modello della stata “le vaincu”, anima e corpo. Nudo, come la statua, ma ricchissimo di sfumature. Ora sexy, ora degradata bestia, ora impacciato, ora coraggioso in battaglia (il vero modello era un soldato belga), il corpo dell’attore è il canale di molteplici, spesso contraddittori, sentimenti. Emoziona, coinvolge e turba, utilizzando corde tutt’altro che ricattatorie, anzi, spesso sterilizzando il pathos per rendere ancora più efficaci i colori. Funziona così, in una perfetta fusione artistica, la precisa regia – col supporto tecnico di Bobby Garnero – di Antonio Mocciola, che non invade ma incide, e si fida dell’intuito del suo attore, facendo desiderare nuove direzioni da parte di un autore tanto prolifico nei testi quanto parsimonioso, se non proprio refrattario, nel dirigere le proprie opere, così riconoscibili e personali.

Giordano Bassetti conduce con sicurezza un’ora di monologo, tutto nudo e senza oggetti, accarezzato da un’ottima selezione musicale e amplificato dai numerosi specchi della sala che ne rimandano l’immagine con prospettive sempre diverse, e allo stesso tempo ne cancellano ogni riparo e privacy dagli sguardi dell’affollatissima – e attentissima – sala.

Come per l’attore, sarà stato così anche per il modello, che qui si descrive continuamente sottoposto dal feroce Rodin a ogni sorta di umiliazione e sovra-esposizione fisica. Bassetti offre il corpo completamente nudo – e, sottolineiamo ancora, esaltato dai riflessi degli specchi – agli sguardi scrutanti del pubblico, e anche Neyt arriva a perdere l’identità, con abiti e documenti bruciati nel camino dal suo scultore (e, metaforicamente, al sacro fuoco dell’arte), finendo a ridursi a bere i propri stessi umori corporali – lacrime, sangue, sudore, urina, persino sperma – in un degrado animale che non può che portare a finali, rigeneranti, abluzioni quasi amniotiche.

Sarebbe facile una lettura tout court imperniata sul gioco di ruolo vittima-carnefice. Come spesso esprime Mocciola, i tranelli sono tanti, le sottotrame molteplici, e le possibilità infinite. La bravura di Giordano Bassetti è saperle indossare tutte, restando sempre credibile (e a proposito di “indossare”, mai come stavolta il nudo integrale è più che mai pertinente, per non dire necessario). In un crescendo di vibranti emozioni, il delirio masochistico si completa, anzi si sublima, con un desiderio di definitiva dissoluzione, vertice poetico di un testo che più scende in sconci dettagli più diventa lirico e quasi impalpabile. Si può dire poesia? Si, si può.

Molti applausi, da parte di una platea assai sensibile, e non a caso zeppa di “addetti ai lavori”.

A tal proposito, si fa apprezzare la performance attoriale di una delle registe più amate da Mocciola, Giorgia Filanti (regista di “Io non sono granturco”, “L’ombra accanto” e, a fine mese, “Le nostre figlie si amano” all’Artemia con la bravissima Serena Borelli), che apre la serata con un breve, fulminante, vibrante monologo. Anche qui, va detto, sarebbe bello ritrovare sul palco, più spesso, la talentuosa artista romana.

Serata piacevolissima e di alta temperatura artistica, con tanti colleghi presenti, da Vanni Piccolo – reduce da una trionfale serata all’Off-Off, a Bruno Petrosino, indimenticato interprete di “Cartoline da casa mia”, che con Mocciola è in scena da anni con enorme successo. E ancora, tanti artisti che hanno collaborato col festeggiato, da Giuseppe Bucci (regista del cortometraggio “Ubbidire”) a Francesco Giannotti (“L’isola degli invertiti”, “Nijinsky genio prigioniero”, “Padreterno”, “L’ombra accanto”), da Elisa Forte e Lorenzo Mangano (regista e interprete de “Le tende della mezzanotte”) fino a Mauro Toscanelli, che dirigerà l’attesissimo “Gloeden’s dark-room” al Cometa Off il prossimo anno.

Luigi Dell’Armi

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