Il Festival “normale” di Carlo Conti
Quando lo scialbo copre la vernice

Nelle mani di Don Carlo Conti, il Festival di Sanremo diventa ecumenico sfoggio di rassicuranti banalità per famiglie. Niente di nuovo, per carità. Così doveva essere e così è. Nessuna sorpresa. Lo scialbo deve coprire la vernice, e non viceversa. Questa era la missione di Conti. Del resto, i festival più lontani dal tanfo-Dc hanno prodotto solo disastri, o polemiche infinite. Quest’anno bisognava dimenticare le (diciamolo) insostenibili smaniette onanistiche di Fazio, abbassare tutti i toni. Emma ed Arisa, in mancanza di basi musicali (e, purtroppo, culturali), inciampano nelle loro terrificanti dizioni, ma fanno simpatia. Se le intenzioni di celebrare la sana famiglia italiana erano legate alla sconcertante esibizione di un manipolo di adolescenti spaesati guidati da un invasato che in dialetto calabrese parlava direttamente con la Divina Provvidenza, allora fa piacere constatare che è stato un effetto boomerang. Almeno per il pubblico normodotato. Relegare Conchita Wurst a notte fonda idem: ha avuto il record di ascolto. Malgrado i patetici tentativi di Conti – letteralmente terrorizzato da rimbrotti vaticani – di umiliare l’artista con pronomi maschili. Si diceva: quest’anno la musica sarà al centro del Festival. Ed è stato davvero così. Purtroppo. Sembrava che tutti i pezzi, ma proprio tutti, fossero stati scritti dagli autori dell’abbronzatissimo presentatore toscano. Banalità a profusione, zero ironia, zero ricerca, zero tutto. Tanto che i timidissimi tentativi di Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi (ex Platinette), 118 anni in due, sono sembrati saggi antropologici. Tant’è. Vincerà chi deve vincere, ma non resterà nulla. Nek fa ballicchiare un po’, ma scopiazza ovunque, la Atzei si sgola inutilmente, la Fabian non riesce a fare neanche quello, la Tatangelo sfila e si autocelebra con sue gigantografie dietro le sue graziose terga, Grignani fallisce il salto autorale, Raf è un’ombra, la Zilli, così giovane, già scimmiotta sé stessa, la Grandi tenta una svolta riuscita a metà, Nesli brancola nel buio, Fragola e i Dear Jack sono già concentrati sulle future performance ai centri commerciali, Masini fa il compitino, la Ayane sbadiglia annoiata (precedendo di un soffio il pubblico), Chiara si difende benino, Annalisa ha perso la rotta, Moreno lascia intuire qualcosina di buono mentre Britti ha finito la benzina e i tre tenorini sono già pronti ad intontire le folle oltreoceaniche col loro italico rétro. E i comici? Siani fa inorridire solo chi non lo conosce, i “disturbatori” Boiler, cui Conti affida escursioni dal pubblico, si mimetizzano perfettamente con lo stesso, mentre tale Pintus è talmente fuori posto da suscitare tenerezza. Restano gli agghiaccianti “omaggi” agli artisti scomparsi. Pino Daniele viene insultato dalle stecche di Antonacci, Mango viene fatto ascoltare mentre Rocio Vattelapesca sgambetta inquieta a passo di danza (e con le lacrime artificiali in tasca), e Cochi e Renato vengono sbertucciati dai Soliti idioti. Come dite? Cochi e Renato sono ancora vivi e I soliti idioti partecipano in gara? Allora non è vero che in questo Festival non ci sono sorprese!
Antonio Mocciola

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