“Il caso Braibanti”: un’Italia che non c’è più….forse.

E’ molto interessante assistere alla messa in scena de “Il caso Braibanti“, uno dei più clamorosi scandali giudiziari della storia italiana del Novecento.

Interessante ripercorrere parole, momenti, situazioni realmente accadute così come emergono dai documenti d’archivio, dalle lettere e le arringhe raccolte ed elaborate da Massimiliano Palmese.

 

Nel 1968 Aldo Braibanti, ex-partigiano torturato dai nazifascisti, artista comunista e omosessuale, fu accusato di “plagio” ai danni del suo giovane amante Giovanni Sanfratello e, dopo un assurdo processo, condannato. Ma sorte ancor più atroce toccò a Giovanni, sottoposto a cure psichiatriche per guarire dalla omosessualità fino all’elettroshock.

Persino vani furono tutti gli interventi in suo favore di intellettuali come Umberto Eco, Dacia Maraini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini.

Un’Italia in cui la destra reazionaria e il clero più ipocrita riuscivano ancora a dettare legge (oggi per fortuna non è più così….o no?).

Una storia agghiacciante per crudeltà e accanimento che lascia il segno.

 

Lo spettacolo ha il gran pregio di presentare allo spettatore un resoconto lucido, chiaro eppur vibrante e toccante.

La regia di Giuseppe Marini è essenziale e rigorosa, molto concentrata sul testo e gli attori, curando con attenzione sfumature e toni.

In scena Fabio Bussotti e Mauro Conte, nei panni dei due protagonisti, danno voce, con lodevoli virtuosismi, a tutti gli altri personaggi della vicenda.

E se Bussotti regala al suo Braibanti toni disperati ma di profonda dignità, Mauro Conte arricchisce il giovane sfortunato Giovanni con grande sensibilità e convinzione regalando alcuni passaggi di profonda commozione.

Le musiche di Mauro Verrone, eseguite dal vivo da Stefano Russo, impreziosiscono uno spettacolo ben fatto (si sarebbe potuto osare un po’ di più) e di grande impegno civile.

 

Roma, teatro dei Conciatori, 13 gennaio 2015

                                                                                                                                                      Giuseppe Bucci

 

 

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