“I Puritani”, Einstein e la teoria della relatività

All’Opera di Firenze un Bellini filosofico e affascinante, un buon cast, ma un direttore poco incisivo.

L’ultima rappresentazione de “I Puritani” di Vincenzo Bellini a Firenze risale al 1989 quando, in occasione del 52° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, il direttore Bruno Bartoletti diresse un allestimento con scene e costumi di Giorgio De Chirico (realizzati da Raffaele Del Savio). A distanza di ventisei anni il maestro Matteo Beltrami ha riportato sul palcoscenico del Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze il capolavoro belliniano, con una regia firmata da Fabio Ceresa. Uno spettacolo affascinante, grazie alle belle scene di Tiziano Santi e ai costumi sontuosi, dai colori significanti, di Giuseppe Palella. Accattivante anche la lettura del regista, anche se a tratti troppo concettosa e non sempre di immediata comprensione. Dobbiamo ammettere che non avremmo decifrato certe finezze senza l’aiuto del libretto di sala.

Puritani 3L’idea di base, suggerita da alcune delle accuse che Elvira rivolge ad Arturo nel corso del III atto, è quella einsteiniana della relatività del tempo: «Quanto tempo! … Lo rammenti?» «Fur tre mesi» «No… no… Fur tre secoli di sospiri e di tormenti… Fur tre secoli d’orror!». Così Ceresa immagina i personaggi del dramma muoversi su binari temporali differenti: i pochi mesi della lontananza di Arturo diventano secoli per gli altri protagonisti. Una suggestione, quella della dilatazione temporale, favorita anche dalla scenografia: è l’alba e il sipario si apre sullo scorcio di una vertiginosa campata di una cattedrale gotica – che progressivamente crollerà nel corso dei tre atti. I raggi del sole nascente riescono con fatica a rischiarare la nebbia che avvolge ogni cosa, facendo apparire come fantasmi i personaggi che escono da tombe incastonate nel pavimento roccioso e sublunare. Non solo. L’aria di Riccardo “Ah, per sempre io ti perdei” viene cantata sul sepolcro di Elvira che dunque all’inizio dell’opera è già morta, consumata dall’attesa e dalla follia (cosa che, per altro, non avviene nella trama belliniana).

Le schiere dei guerrieri, dei castellani e delle castellane sembrano anime sospese, in attesa di vendicare la morte della fanciulla prima di potersi abbandonare alla pace eterna. Schiere di anime penitenti che scoprono, solo un momento prima della dannazione, il valore salvifico del perdono. Si capisce allora il grande velo nuziale, nero e funesto, che avvolge il palcoscenico: certo un segno di avvenimenti luttuosi, ma incomprensibile senza la giusta chiave interpretativa, visto che Elvira alla fine si ricongiunge con Arturo, salvato in extremis dalla condanna come traditore. E solo così si capisce la scelta registica (fortemente criticata dal pubblico) di tenere i due amanti distanti fra loro durante la scena finale: Arturo ed Elvira si dichiarano eterno amore senza mai toccarsi, senza un gesto di tenerezza fisica e, soprattutto, senza le grandi passioni a cui il melodramma ottocentesco ci ha abituati. Ma, coerentemente con quanto detto, Ceresa fa di loro degli eterei fantasmi, ormai lontani dai sentimenti terreni e, soprattutto, dai propri corpi.

Puritani 4Di fronte a un tale impegno nell’allestimento spiace la poca personalità che Beltrami mette nella direzione, appiattendo, oltretutto, una compagine vocale giovane, ma interessante. Nonostante l’attenzione fosse tutta rivolta verso Jessica Pratt, che sosteneva la parte di Elvira nel primo cast, Marina Aleida, che interpretava il medesimo ruolo per il secondo cast, si è dimostrata una piacevole sorpresa. Il soprano cubano era alla sua prima esibizione a Firenze e c’è da augurarsi di rivederla presto viste le doti timbriche, lo slancio recitativo, la delicatezza e la sensibilità mostrate. Riccardo Zanellato, che solo un anno fa, nel “Nabucco” di Renato Palumbo, era apparso affaticato, ha oggi rivelato le proprie doti di basso. Buone anche le prove degli altri cantanti: dalla chiarezza e disinvoltura di Jésus Léon nel difficile ruolo di Arturo all’incisività vocale e scenica dell’Enrichetta di Martina Belli.

Firenze – Opera di Firenze, 1 febbraio 2015

Lorena Vallieri

I PuritaniOpera semiseria in tre parti di Carlo Pepoli; Musica di Vincenzo Bellini.

Direttore: Matteo Beltrami; Regia: Fabio Ceresa; Scene: Tiziano Santi; Costumi: Giuseppe Palella; Luci: Marco Filibeck; Movimenti coreografici: Nikos Lagousakos; Maestro del coro: Lorenzo Fratini; Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Torino.

Interpreti: Riccardo Zanellato, Maria Aleida, Julian Kim, Jésus Léon, Martina Belli, Saverio Fiore, Gianluca Margheri.

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