Fatidiche memorie di ex-vita: “Raccogliere e Bruciare” di Enzo Moscato per una Spoon River poetica e napoletana

La lirica visionarietà di Enzo Moscato incontra la grande poesia sepolcrale novecentesca di Edgar Lee Masters e trasferisce il mitico villaggio di Spoon River in un crepuscolare e metropolitano ipogeo partenopeo, un al di là brulicante di vita e memoria, in cui rivivono schegge del passato e premonizioni future, in cui dolori, rimpianti, accensioni e sogni si fanno carne e sangue, gesto e materia, suono e parola poiché l’al di là napoletano altro non può essere che un verace al di qua napoletano .

Grazie ad un cast di attori di grande bravura, da Cristina Donadio a Benedetto Casillo, da Tina Femiano a Massimo Andrei, da Imma Villa a Carlo Guitto, passando per Rita Montes, Gino Curcione, Ivana Maione, Gino Grossi, Enza Di Blasio, Francesco Moscato e tanti altri, il teatro poetico di Enzo Moscato recupera appieno la sua consuetudinaria intensità evocativa e la sua matrice liturgica e celebrativa: ciò che accade in scena non può essere ridotto a semplice ed ordinaria rappresentazione teatrale, Enzo Moscato, infatti, porta a teatro un vero e proprio mistero orfico e affida ai personaggi della sua “visione” e alle loro storie, la missione di richiamare l’umanità ad un riscatto della vita morale e spirituale, offrendo, quale balsamo di pacificazione, la speranza di una dimensione oltremondana in cui i morti ballano, cantano, tacciono e rivivono le loro passioni.

“Siamo tutti incatenati”, questa verità proferita da uno dei personaggi durante lo spettacolo potrebbe essere la chiave d’accesso all’intera operazione che, in spregio a qualsiasi idea commerciale e omologata del teatro, suggerisce allo spettatore la possibilità di scoprire nella mutevole ambiguità semantica del verso il seme di quella fluidità emotiva e sentimentale che, affrancandolo da qualsiasi vincolo razionale e contingente, può iniziarlo a una recondita e silente sua natura divina, ad una nuova e terrena idea di eternità perché “nel sangue c’è un ritmo più profondo che bisogna imparare ad ascoltare”, se è vero che “la vita è immortale solo mentre va vissuta”.

 

Teatro Nuovo, Napoli, sabato 24 marzo 2018

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