“Don Quijote”, una storia di diverso coraggio

Al Teatro Cantiere Florida di Firenze la prima nazionale del “Don Quijote” di Loris Petrillo.

“Don Quijote” è uno solo o dentro ognuno di noi c’è un po’ di quel cavaliere avventuroso immaginato da Miguel de Cervantes? La rappresentazione portata in scena per la prima volta sul panorama nazionale da Loris Petrillo Cie Twai e la Compagnia Petrillo Danza al Teatro Cantiere Florida dimostra quanto i valori della lealtà e della giustizia dei romanzi cavallereschi non si siano del tutto spenti in un tempo così lontano dai cavalieri erranti dell’epoca medievale. Nicola Simone Cisternino, Yoris Petrillo e Giacomo Severini sono i tre interpreti che supportano la celebrazione di una storia senza tempo; non c’è un solo interprete che ricopre il ruolo di Don Quijote: tutti e tre rivelano in momenti diversi le caratteristiche del personaggio insieme sognatore e grottesco, con un continuo scambio di parte.

La coreografia alterna momenti di solo a pezzi d’insieme dove le tre figure potrebbero essere sovrapposte tanto ognuno di essi è perfettamente in sincronia con le movenze degli altri due. Di particolare impatto è stato il momento di contact, non tanto solo nel suo significato di esercizio per i danzatori che ricercano con il contatto fisico nuove possibilità di movimento. Questo duo permette di esprimere una relazione, anzi un legame fra Don Quijote e il suo servitore Sancio Panza in cui le mani di uno sono sempre connesse a quelle dell’altro, anche quando sembrano diventare un impedimento per i movimenti.

Don Quijote diventa protagonista di una vicenda attuale, nel suo vivere costretto in un mondo che lo annoia e lo disgusta, nello slancio di intraprendere una guerra personale di denuncia contro le ingiustizie. La fantasia pertanto è il “mezzo” attraverso cui egli tenta di combattere i grandi ostacoli di una società. Il grottesco resta la caratteristica dominante del personaggio principale e si esplicita in particolar modo nel momento in cui il danzatore “veste” gli abiti di un cavaliere bizzarro e stravagante munito di coperchio da pentola e ramaiolo.

È possibile individuare anche i diversi linguaggi che hanno contaminato il coreografo e la scelta dei suoi danzatori: i tre interpreti sono fisicamente molto diversi ma esprimono forza e prestanza fisica.  Proprio su questo aspetto sembra puntare l’attenzione Petrillo, considerato uno dei coreografi italiani di maggior spessore del momento: la preparazione atletica dei danzatori è fondamentale dal momento che il corpo è concepito come macchina più che come mezzo attraverso cui trasmettere espressamente l’arte.

Lontano dalla consueta rappresentazione coreografica di Marius Petipa, a cui generalmente si associa la vicenda del Don Quijote, nella realizzazione di Petrillo si abbandonano componimenti e movenze spagnoleggianti, scegliendo la sintesi dei dettagli e dello spazio d’azione,  spesso ridotto anche a soli frammenti di luce. Esiste tuttavia un simbolo anche visivo che permette di evocare la rappresentazione tradizionale: i tutù indossati dai danzatori in apertura dello spettacolo ma… come copricapi! Le musiche, di Pino Basile e altri, sono contenute tra gli estremi dei due richiami alla rappresentazione per così dire “classica” che aprono e chiudono lo spettacolo con due celebri passi di Minkus.

La coreografia è subordinata da intermezzi recitati anzi, di accusa e denuncia per far esaltare anche attraverso l’utilizzo della parola, il messaggio di un disprezzo verso gli uomini del suo tempo, traviati e corrotti da effimeri ideali. Don Quijote proclama a gran voce la sua presa di coscienza e accusa se stesso di «non aver avuto abbastanza coraggio» per poter contrattaccare anche le quotidiane ingiustizie. Egli si mette letteralmente a nudo e attraverso il suo atto di sfogo, dimostra di avere una certa consapevolezza, ma di non riuscire a reprimere da solo gli impulsi negativi da lui captati.

Lo spettacolo permette di riflettere sulla presenza, oltre il tempo, di una lotta che non viene combattuta spesso solo con le utopie. Lo scontro di cui si parla è un conflitto personale tra il saper riconoscere le ingiustizie di una società e la ricerca di un alleato per provare ad arginare i cattivi comportamenti. Nella consapevolezza di essere spesso solo nella lotta alle ingiustizie, la denuncia e lo spunto alla riflessione permettono di manifestare un certo tacito coraggio e allora chiunque potrà avvicinarsi al microfono e urlare «io sono Don Quijote!».

Firenze  – TEATRO CANTIERE FLORIDA, 18 aprile 2015.

Laura Sciortino

DON QUIJOTERegia e coreografia: Loris Petrillo ; interpreti: Nicola Simone Cisternino, Yoris Petrillo, Giacomo Severini; Musiche: Pino Basile, AA VV; consulenza musicale: Pino Basile; consulenza drammaturgica: Massimiliano Burini; disegno luci: Loris Petrillo; Produzione: ACT_Cie Twain Physical dance Theatre; con il contributo di: Officinatwain_centro promozione culturale_Regione Lazio; con il sostegno di: MIBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo; in Collaborazione con: La Fabbrica dell’Attore/ Teatro Vascello_Roma.

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