«Cantare il tango ha fatto di me una persona migliore». Donatella Alamprese, cittadina del mondo

La cantante potentina non toglie mai scarpe col tacco e rossetto rosso quando si tratta di parlare di tango. L’intervista alla voce (non cantata) di “De Tacos y Camin”.

alamprese (1)È possibile tentare di comunicare un messaggio preciso attraverso linguaggi artistici, senza essere coraggiosi? E soprattutto, può esistere coraggio senza curiosità? Donatella Alamprese nel suo “De Tacos y Carmin (con tacchi e rossetto). Il Tango raccontato dall’altra metà del cielo” ha dimostrato che sono proprio le donne a non aver avuto paura a costruire qualcosa di sorprendente. Con lo spettacolo presentato in prima nazionale in apertura della trentesima stagione del Teatro di Cestello, si è potuto parlare di un genere musicale che ha avuto origine a Buenos Aires oltre un secolo fa, ma questa è stata anche l’occasione per conoscere una cantante, o meglio l’artista che parla di musica come di un “mezzo” per «ritrovarsi». L’amore riscoperto per il tango, gli incontri fortunati, l’importanza di assorbire gli stimoli da situazioni diverse, questo e molto altro ancora nell’intervista con Donatella Alamprese.

Parlando di tango, con Lei, di cosa parliamo?

alamprese2Parliamo della vita. Per me il tango è stato un rinascere perché mi ha riconnesso a tutta la parte della mia infanzia che avevo messo da parte. Mi ricordo di mio padre che cantava e suonava e desiderava che anche io imparassi a parlare lo spagnolo, che parlassi di quelle cose che lui portava dentro, come delle reminescenze della sua vita in Argentina, mia nonna infatti era di Buenos Aires e lui aveva vissuto lì. Il tango è esploso poi dopo la sua morte nel 2002, ed è lì che io ho cominciato con questo genere, perché io vengo dalla musica classica, sono soprano, quindi da ambiti completamente diversi. Devo dire che questa passione è scoppiata come esplode un vulcano e sicuramente questo ha fatto di me una persona migliore.  Come dice Leopoldo Marechal “il tango è una possibilità infinita” e quindi c’è davvero l’accettare qualsiasi cosa che questo genere riesce a inglobare: la morte, la rinascita, ci sono tutti i sentimenti più profondi dell’animo umano, anche quello che non ci piace ha il suo fine e il suo scopo, proprio perché necessario ad andare avanti in un’evoluzione. Per quanto mi riguarda infatti, il tango va di pari passo anche con l’evoluzione della mia anima.

Ad oggi quindi, avendo riscoperto anche certi legami, si sente più italiana o cittadina di Buenos Aires?

Se devo dire la verità, mi sento più cittadina del mondo. Questo accade perché anche se parlo con il linguaggio del tango, sono convinta di parlare con un linguaggio universale. La stessa Buenos Aires è fatta di emigrazione, non può esistere in quanto tale, ma vive del suo essere un melting pot dove tante culture convergono, ecco perché è così potente l’arte che nasce in questo luogo.

A proposito della sua ultima esperienza in Giappone recentemente conclusa, perché secondo lei è stata definita un “portavoce del made in Italy” di un certo fare artistico?

In Giappone non ho fatto solo tango. In realtà il mio rapporto con questa terra asiatica è iniziato molto tempo prima: sono stata testimonial di alcune campagne pubblicitarie, tra cui per esempio la Fiat 500 nel 2008, poi con la jeep Renegade un’esperienza analoga. Insomma devo dire che col Giappone esiste davvero un legame molto particolare e speciale. L’ultima esperienza ne è stata la conferma.

Parliamo della sua formazione invece. La sua crescita è stata un po’ una contaminazione centripeta sullo stile di Buenos Aires?

Sì, esatto. Io sono anche molto curiosa, quindi mi piace sperimentare e azzardare su cose che già esistono, per darne un’interpretazione mia. L’ultimo tango di “De Tacos y Camin” è appunto “Volver” tratto dall’omonimo film di Almodòvar, con l’arrangiamento di Marco Giacomini – il chitarrista che cura tutti i miei arrangiamenti – per una versione riadattata che avesse un taglio più personale, per me appunto che andavo ad interpretarlo.  Questo poi è il punto credo più bello che mi lega alle donne di Buenos Aires. Loro lavorano davvero in questo senso, nella direzione di un’originalità.

Lo spettacolo “De Tacos y Camin” è un’esaltazione della donna nel tango. Che tipo di donne sono quelle che celebra?

Le donne a cui si fa riferimento sono donne coraggiose, e lei sa bene di quanto coraggio ci sia bisogno oggi. Io stessa ne ho voluto avere tanto. Alle spalle del mio stesso lavoro c’è una necessità di parlare con gli altri ma di farlo sfruttando questo mezzo, il canto, il dono che poi mi è stato dato.

Firenze – Teatro di Cestello, 16 ottobre 2015

Laura Sciortino

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