“Belles de Sommeil” e il tentativo di dare forma al sogno

Philippe Talard esplora l’onirico. La favola della bella principessa è solo la cornice che racchiude altre infinite storie.

Non c’è principessa, né strega cattiva o principe azzurro nel “Belle de Sommeil” presentato al Teatro Verdi di Firenze per Fabbrica Europa. Philippe Talard porta in scena per la compagnia di Opus Ballet un solo momento legato a questa celebre fiaba, il tempo in cui Aurora, bucata dall’ago, cade nel sonno perpetuo del suo predetto maleficio. Tutta la scena infatti è caratterizzata dalla percezione di un certo intervallo temporale, quello tipico del sogno che non permette di identificare bene nessun tipo di confine, lasciando tutto un po’ sfumato. Dodici danzatori e un’attrice, Laura Bandelloni, a cui spetta il compito non tanto di narrare la vicenda, quanto di essere parte di essa. La sua è una figura certamente di forte dominanza scenica, sempre presente durante tutto il corso della rappresentazione e molto capace in una recitazione che fa emergere gli stati d’animo della follia, dell’innamoramento, ma anche della paura e di una certa ricerca d’affetto. I danzatori invece sono quasi sempre in gruppo, in un gruppo fatto di coppie che agiscono secondo schemi coreografici molto articolati e soprattutto dettagliatamente studiati.

La costruzione secondo un continuo passo a due è anche il richiamo a una dicotomia, all’esistenza di due elementi che si spiegano perché complementari: innanzitutto il concetto stesso del sonno che non potrebbe essere definito tale senza risveglio, ma anche l’idea del sogno – dai tratti sfumati- presuppone l’esistenza del suo contrario, quindi della realtà chiara e definibile.  Per arrivare a trasmettere questo tipo di sentimenti, il coreografo e regista parte certamente dalla favola e dal maleficio in cui cade l’innocente principessa Aurora, ma se ne allontana come a voler esplorare certe sfere a prescindere da una storia particolare.

Gli elementi scenici usati per comunicare questo tipo di messaggio sono molti, forse troppi. Un’abbondante scenografia rende lo spazio sovraccarico di contenuti a cui dare un significato, e il palcoscenico in questo modo si fa pieno di eccessivi luoghi d’azione. Non ci sono le quinte ma dei pannelli che lasciano intravedere i danzatori, come delle “finestre” attraverso le quali è possibile assistere a un certo racconto; la grande struttura circolare che cala dall’alto circoscrive il perimetro spazio abbastanza limitato entro cui i danzatori o l’attrice lasciano passare il messaggio dell’isolamento di un soggetto, che nel proprio intimo sogna, ama e soffre, ma il rumore che permette a questo elemento scenico di elevarsi o  di calare, in più di un’occasione, si percepisce almeno tanto quanto la base musicale.

Uno dei due momenti più suggestivi è certamente la caduta improvvisa di abbondanti fiocchi di neve che oltre a invadere a sorpresa il palco, diventano il dettaglio che rende la scena carica di un certo romanticismo dato anche dalla luce che via via si è fa sempre più fievole. L’altro tempo riguarda l’immagine del mare rievocato dal grande telo disteso per tutta l’ampiezza del palcoscenico; il suo gonfiarsi in maniera irregolare richiama una distesa d’acqua le cui piccole onde da un apparente senso di tranquillità, fanno in realtà naufragare chi vi si trovi dentro. Il mare è la metafora dell’anima che nell’inquietudine può affondare e affogare.

La sfida è senza dubbio “regola” coreografica alla base di questa prima toscana per “Belles de Sommeil”. I danzatori si avvicinano e si allontano, sembrano amarsi ma poi si rifiutano con violenza, sono ora dominatore ora fantoccio privo di scheletro. Nella celebrazione del secolare dissidio ma anche legame tra Eros e Thánatos, si scorgono tremori e abbandoni a un sentimento, l’idea di due corpi per natura attratti ma che si respingono, i baci ardenti e gli schiaffi che hanno ben poca poesia ma un forte senso di realismo.

Il distacco dalla realtà che si compie attraverso l’espediente del sogno, si ricollega alla fine al concetto iniziale di fiaba, con quel “c’era una volta…” che non lascia certo presagire l’inizio di una storia nella quale vissero tutti felici e contenti, ma di un racconto “già sentito” che quasi certamente non avrà il suo desiderato happy ending.

Firenze – TEATRO VERDI, 31 maggio 2015

Laura Sciortino

BELLES DE SOMMEILCoreografie e regia: Philippe Talard; Musiche: Armand Amar; Scenografie: Max Kohl; Danzatori: Camilla Bizzi, Ottavio Ferrante, Leonardo Germani, Chiara Mocci, Giada Morandin, Stefano Pietragalla, Claudio Roffo, Chiara Rontini, Jennifer Rosati, Adrien Ursulet, Gabriele Vernich, Valentina Zeppa; Attrice: Laura Bandelloni; Maître de Ballet: Bruno Milo; Luci: Philippe Talard; Direzione tecnica di Luci: Alessandro Ruggiero; Direttore di Scena: Saverio Cona; Fonico: Orso Casprini; Ideazione Costumi: Philippe Talard; Coproduzione con: Compagnia Opus Ballet e Grand Théâtre de la Ville de Luxemburg

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