Alex Piras, un artista di strada da tenere d’occhio

Una festa di compleanno, in un appartamento condiviso da un mezza dozzina di giovani.

Su un lato della stanza, presso il lavello e i fornelli, un tavolo ancora ingombro di grandi ciotole con lenticchie, risotto, pasta fredda, bottiglie di vino e di birra. Nell’angolo opposto Alex, estratti da due logore valigie strani oggetti, li sistema su precari supporti, apparecchiando così un minuscolo spazio scenico. Poi, di fronte a spettatori stipati ai limiti di quel cerchio magico – chi seduto per terra, chi in piedi, qualche bambino razzolante, un cane invadente e curioso, un gatto ombroso – inizia lo spettacolo.img_2055

Alex Piras è un artista di strada. Ha trent’anni, vive in un camper, e si esibisce più all’estero che in Italia. Ha fatto l’idraulico, il cameriere, ha tirato di box. A Barcellona, quasi per caso, qualche anno fa ha scoperto le marionette, e se n’è innamorato. Dopo sei mesi trascorsi alla bottega di un burattinaio catalano, per imparare le tecniche di base, si è messo in proprio, rincorrendo un suo personale, delicato linguaggio poetico. Ha modificato ed arricchito la struttura tradizionale del bilancino (quella crociera cui sono fissati i fili che fanno muovere il pupazzo). Mettendo la sua abilità manuale, maturata nell’attività artigianale, al servizio della sua sensibilità e fantasia, ha costruito lui stesso marionette dalle incredibili articolazioni e oggetti di scena di notevole suggestione.img_2775

Nella breve, poetica performance intitolata Tic tac non è difficile riconoscere gli echi di una tradizione figurativa spagnola: dai Capricci di Francisco Goya, alle suggestioni metafisiche di Salvador Dalì: una sveglietta da tavolo che balla su lunghe, esili gambe; una piuma che vola; uno scheletro che danza con spassosa leggiadria, rincorre un naso rosso da clown e, con la mano, sfila delicatamente una rosa dal suo piccolo vaso.

Le surreali marionette di Alex, godibili da parte di un pubblico di ogni età, sono mute, ma i loro movimenti sono accompagnati e sostenuti da un’accurata e spiritosa partitura sonora. Rivelano il possesso di una tecnica che consente una sorprendente ricchezza di movimento e di interazione fra gli oggetti; ma specialmente da esse traspare qualcosa di tenero e inquietante ad un tempo, da cui sembrano affiorare i segni di una ricerca interiore, l’esplorazione di un inconscio popolato da demoni, scandito da oscuri rituali.

E se qualcuno ancora pensa che l’arte di strada e il teatro di figura siano generi minori, è ora che si ricreda.

                                                                                                          Claudio Facchinelli

Share the Post:

Leggi anche