Al Nuovo Sancarluccio “Artemisia”
Il gran finale della rassegna al femminile

La seconda settimana della rassegna dedicata alla donna si conclude con ARTEMISIA, spettacolo scritto e diretto da Mirko Di Martino, incentrato sulla figura di Artemisia Gentileschi. Protagonisti dello spettacolo Titti Nuzzolese, nel ruolo dell’artista che nel XVII secolo ebbe il coraggio di denunciare lo stupro, ed Antonio D’Avino
Nuovo Teatro Sancarluccio
via S. Pasquale a Chiaia 49 -Napoli

21-22 marzo

TEATRODELL’OSSO
ARTEMISIA
con
Titti Nuzzolese
Antonio D’Avino

costumi
Annalisa Ciaramella

aiuto regia
Laura Cuomo

drammaturgia e regia
Mirko Di Martino

Artemisia Gentileschi è stata inserita tra i grandi della pittura solo molto di recente, recuperando innanzitutto la vicenda processuale del suo stupro come uno dei primi esempi di femminismo. Di lei, tuttavia, si sa ancora molto poco: dalle sue lettere viene fuori l’immagine di una donna sicura del proprio ruolo, una pittrice consapevole della propria arte, una commerciante che vende e promuove la propria opera con sfacciata sicurezza. Ne vengono fuori, però, anche le sue debolezze, il suo desiderio di un amore vissuto intensamente, la sua gelosia e le sue paure. A Napoli si conserva il dipinto più famoso di Artemisia, quel “Giuditta e Oloferne” che faceva impallidire i suoi contemporanei per la crudezza della rappresentazione; a Napoli, Artemisia visse trent’anni e morì in un giorno imprecisato del 1653. Ma quali tracce ha lasciato Artemisia a Napoli, oggi?
Molto poche.
Lo spettacolo parte da qui, da Napoli, dove Artemisia si è rifugiata molti anni prima: la pittrice è alla fine della sua carriera, stanca, disillusa.
Senza alcuna spiegazione apparente, Artemisia viene costretta da un magistrato a raccontare ancora una volta i particolari di quel giorno del 1612 quando il pittore
Agostino Tassi, amico e collega di Orazio Gentileschi, la violentò nella sua casa romana. La donna credeva di aver chiuso i conti con quella storia al termine del processo che condannò Agostino Tassi per stupro, ma scopre adesso che tutta la sua vita e la sua stessa opera ne sono state segnate troppo in profondità. Artemisia è obbligata a confrontarsi con le sue paure, i suoi dubbi, i suoi desideri di gloria, di affermazione di sè come artista prima che come donna. In un mondo dominato dai maschi, Artemisia scopre che le è preclusa ogni libertà e autonomia. Perfino la sua arte viene interpretata come un continuo ritorno sul tema della violenza e della vendetta, dello stupro e della castrazione. Artemisia credeva di essere diventata libera grazie all’arte, adesso scopre che era la sua
prigione.
Attraverso il racconto della personalità e dell’opera di Artemisia Gentileschi, lo spettacolo racconta un caso realmente accaduto di violenza sulle donne, indagando i complessi rapporti tra il potere e il sesso, tra la femminilità e l’arte, tra la legge e la misoginia.
Lo spettacolo è stato realizzato in occasione del Forum Universale delle Culture 2013 a Napoli

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