“A piedi nudi nel parco” di Massimo Alì: amore nella buona e nella cattiva sorte

Una leggenda dell’evergreen nello spettacolo della Compagnia Teatro a Manovella alle Laudi di Firenze.

Recnsione_003Una pomeridiana degna di nota l’ultima replica della celebre pièce “A piedi nudi nel parco”, un classico mai passato di moda riproposto al Teatro Le Laudi, che ha visto sulle scene due bravissimi attori come Leonardo Venturi e Giulia Cavallini nel ruolo dei due famosi neosposini Paul e Corie Brutter, resi popolari anche grazie all’omonima rivisitazione cinematografica del regista Gene Sacks, che vide in pellicola due brillanti mostri sacri quali Robert Redford e Jane Fonda. Proprio quest’anno la spassosa commedia soffia le candeline dei suoi 51 anni di debutto che avvenne nel lontano ottobre del 1963, quando il testo di Neil Simon venne rappresentato in anteprima al Biltmore Theatre riscuotendo un grosso successo di pubblico e collezionando 1530 performance.

Un lavoro ben riletto, e innovativo nell’allestimento, anche quello del regista Massimo Alì, che si dimostra con un unico atto all’altezza della versione originale, mettendo in luce le discrepanze caratteriali, le fragilità e le virtù dell’amata coppia. Ma quanto può durare la serenità matrimoniale quando il vento soffia forte da nord-est e ci troviamo alle prese con il ritrito tram tram quotidiano che ci porta a scontrarci con i nostri nodi emotivi più profondi? I due novelli coniugi ce la mettono tutta a contrastare insidie e nevrosi individuali, nonostante l’apparente aspetto impettito e dignitoso di Paul, avvocato in carriera super controllato e spesso criticato dall’indomabile ed esplosiva Corie, la quale non perde occasione per buttarsi a capofitto nelle avventure più insolite ed elettrizzanti. La fatica non lega con lo spirito di adattamento di Corie alle situazioni più rocambolesche, che la  portano a non curarsi delle difficoltà e degli intoppi della vita, perché in fondo ha la certezza di avere accanto un uomo meraviglioso e capace di prendersi cura di lei, con cui poter gioire di ogni momento, anche di una minuscola sistemazione all’ottavo piano di un palazzo senza ascensore nel Greenwich newyorkese.

Un lavoro registico sottile e dinamico che offre un buon trampolino di lancio all’interpretazione spontanea e vitale dei due protagonisti, accompagnati da un cast che non tralascia la modernità dell’opera, anzi la snellisce, arricchendola di compagni di viaggio piacevoli come il generoso vicino di casa Victor (l’elegante attore Andrea Mitri), l’adulatore più furbo e tenace della cinquantaquattresima strada che a nessuno permetterebbe di inaridire il suo instancabile ego. E che dire della buffissima suocera Ethel, umoristicamente ritratta da Vania Rotondi, che con la sua verve istrionica e garbata regala a tutti perle di saggezza. Anche la scenografia di Francesca Leoni, colorita ed organica, incorpora i personaggi in ritagli di vita vissuta creando una proiezione cinematografica che regala coesione e spessore tecnico, il tutto impreziosito da cimeli di scena e costumi finemente studiati nel dettaglio.

Recnsione_002Un buon supporto per i due innamorati alle prese con l’assestamento dello scomodo alloggio e la cruda realtà del vincolo nuziale. Così lo scompiglio generale travolge casa Brutter, riservando ai presenti uno scoppiettante scontro finale. Il processo abbia allora inizio! Da una parte dell’auditorio il disinvolto Paul e agli antipodi del palcoscenico una Corie incosciente, affamata di forti aspirazioni, colei che implora frizzanti novità a costo di andare a vivere sulla luna. L’esordiente avvocato non lascia spazio a frivole seccature, offeso nell’orgoglio per la sua durevole autosufficienza prepara la sua arringa finale, facendo appello alla maturità emotiva e al buon senso. Corie non può che contrattaccare sfoderando una forma di ricatto che le donne sanno ben amministrare: la separazione, la fine di ogni storia idilliaca. Perché davanti alla paura abbandonica che ci attanaglia diventa difficile curarci dei pregi dell’altro e non delle debolezze, colte come vuoti incolmabili e scaraventate in faccia come spilli. Non bastano più sei giorni di amore incondizionato e passionale a deporre l’ascia di guerra, fino a prova contraria “sei giorni non fanno una settimana”. Non resta che accettare la cieca e triste verità che non ammette coppie perfette ma solo amori comuni, resi speciali ed importanti da piccole privazioni personali, così da annientare le difese erette nel tempo per vedere con chiarezza che il desiderio nascosto dell’altro è in fondo la nostra stessa speranza.

L’accoppiata Venturi / Cavallini si rivela un tentativo vincente a questo terremoto emozionale, riuscendo nell’impresa di integrare l’istinto della bella Corie alla ragione del sensibile Paul, per un finale a lieto fine puntigliosamente diretto, dove a placare gli animi inquieti sui cornicioni pericolanti della città è il trionfo della tenerezza. E allora vale la pena affannarsi, correre alla ricerca disperata di quell’altra metà creduta persa, vale la pena patire otto piani di scale a piedi perdendo fiato e respiro, provare lo svincolo liberatorio di disfarsi delle proprie scarpe anche in un nevoso ed umido febbraio, girando “scalzi” per le stagioni della vita e ritrovarsi cambiati o con qualche tallone d’Achille smussato, ma “innamorati di nuovo”.

Firenze – TEATRO LE LAUDI, 26 ottobre 2014

Mara Marchi

A PIEDI NUDI NEL PARCORegia: Massimo Alì; Aiuto regia: Sara Santamecchi; Assistente Regia: Angela Pisana; Scenografia: Francesca Leoni; Luci: Davide Santi; Grafica e Foto: Andrea Martella; Interpreti: Leonardo Venturi, Giulia Cavallini, Andrea Mitri, Vania Rotondi, Andrea Romano, Giacomo Casali.

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