Gianluca d’Agostino. Il lottatore del palcoscenico

Ha da poco compiuto i 30 anni, Gianluca d’Agostino, ma ha già un curriculum importante e ricco, e soprattutto variegato. Come il suo talento versatile, e mai banale: “Ma se, un giorno, la mia ragazza, ballerina, non mi avesse consigliato di iscrivermi ad un corso di teatro, probabilmente ora sarei un calciatore. E’ tutto un gioco del destino”. Da allora di strada ne ha fatta, questo ragazzone partenopeo reduce dal successo di “Filumena Marturano” al San Ferdinando, per la regia di Nello Mascia e nel ruolo di Riccardo il camiciaio: “Nello mi ha insegnato tanto, da un maestro così si può solo imparare. Ma non posso dimenticare l’importanza che per la mia formazione hanno avuto Umberto Serra, uomo coltissimo, Vittorio Franceschi e Lucio Colle. Ma poi, indirettamente, anche Dario Fo e Marcello Mastroianni, la cui ultima intervista, da manuale, mi è rimasta particolarmente impressa”. Non si pensi ad un attore tutto immedesimazione e interpretazione, quando si parla di Gianluca d’Agostino. E’ un ragazzo onnivoro, curioso, persino simpaticamente insolente (“Non devo ringraziare nessuno per quello che ho fatto, semmai sono grato a tutti coloro che non hanno creduto in me…”), ma soprattutto anche autore, come in “L’anniversario”: “Riccardo Bellandi mi ha spinto all’avventura d’autore, anche se preferisco definirmi un attore che scrive. E’ stata un’esperienza bellissima, condivisa con Antonio Marfella”. Ma intanto, tra qualche apparizione al cinema (“Esterno sera”, “La neve cade dai monti”) e in tv (“Le tre rose di Eva”), è il teatro l’habitat ideale di Gianluca: “Sono partito dal Teatro Tasso, ma poi sono accadute tante cose. Penso all’incontro con Bob Wilson, uno stage che mi ha aperto la mente, e dove ho conosciuto Tilman Hecker. O al laboratorio al Teatro Nuovo con Giorgia Palombi, al recente “Aspettando che spiova” con il talentuoso Gigi Credendino, o ancora alla partecipazione a “Dignità autonome di prostituzione” di Luciano Melchionna, col monologo “La bolla di piacere”. Spesso noi attori manchiamo di dignità, basti pensare che non abbiamo un sindacato. Il teatro è un’arte collettiva, e invece trionfa l’individualismo. Io ho scelto di continuare, in primis per imparare. E prediligo i caratteri forti, anche molto forti. E soprattutto personaggi diversi da me”. Tra i suoi ricordi più belli lo spettacolo “Sono stata io”, tratto da Gesualdo Bufalino, per la regia di Marco Luciano (“Spettacolo preparato in dieci giorni, e per sole tre date. Ma ne sono affezionatissimo”). Tra i suoi registi, Laura Angiulli, Mario Gelardi, Lello Serao, Walter Manfré e Sara Sole Notarbartolo, belle soddisfazioni e qualche amarezza: “Sono tante le porte che mi sono state chiuse in faccia, ma sono stato più uno stimolo che un’umiliazione. Mi hanno aiutato a cercare, e a trovare, le mie vere voci”. Dove non c’è lotta, non c’è gusto. I modi gentili nascondono una tempra leonina. Gianluca d’Agostino ha tutte le carte per restare sulla scena a pieno titolo, e a schiena dritta.
Antonio Mocciola

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